Compravendita: tasse su risoluzione del contratto

di Anna Fabi

4 Novembre 2019 11:40

L'Agenzia delle Entrate chiarisce la corretta tassazione in tema di imposta registro in caso di risoluzione del contratto di compravendita immobiliare.

Con la risposta n. 439/2019 ad un interpello, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la corretta tassazione ai fini dell’imposta di registro dell’atto di risoluzione consensuale del contratto di compravendita.

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Mutuo consenso

In primo luogo le Entrate ricordano che l’articolo 1372 del Codice civile (efficacia del contratto) stabilisce che:

Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Quindi chiarisco che con la risoluzione consensuale per “mutuo consenso”, come affermato anche dalla Cassazione, le parti volontariamente concludono un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario (cfr. Cass. n.17503 del 30 agosto 2005).

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Risoluzione contrattuale: tassazione

Ai fini della tassazione indiretta, spiega il Fisco, all’atto di risoluzione l’articolo 28 del d.P.R. n. 131/1986 prevede che:

  • comma 1: la risoluzione del contratto sia soggetta all’imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto. Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l’imposta proporzionale prevista dall’art. 6 o quella prevista dall’art. 9 della parte prima della tariffa;
  • comma 2: in ogni altro caso l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell’imposta proporzionale, l’eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse.

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In pratica:

  • in caso di clausola risolutiva espressa, contestuale al contratto originario o entro il secondo giorno dalla stipula del contratto, si applica l’imposta proporzionale solo se per la risoluzione è previsto un corrispettivo e solo sull’ammontare di quest’ultimo;
  • nel caso in cui le parti, mediante autonoma espressione negoziale, optino per la risoluzione del contratto originario, si applica l’imposta in misura fissa;
  • nella diversa ipotesi in cui la risoluzione dell’originario contratto sia realizzata mediante apposito negozio si applica la tassazione in misura proporzionale da applicare alle prestazioni derivanti dalla risoluzione e all’eventuale corrispettivo della risoluzione.

Le Entrate richiamano quindi le ordinanze della Corte di Cassazione (n. 5745/2018, n. 24506/2018) secondo le quali, per la tassazione della risoluzione, ai fini dell’imposta di registro, si ritiene rilevante la presenza della clausola risolutiva espressa nell’accordo originario: la sua assenza (o non stipula entro il secondo giorno successivo), non consente l’applicazione del comma 1 dell’articolo 28, bensì l’applicazione del comma 2.

Per le Entrate è proprio il comma 2 quello giusto al quale fare riferimento in caso di atto di risoluzione per mutuo consenso, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 9%, ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna.