Compravendita: tasse su risoluzione del contratto

di Anna Fabi

L'Agenzia delle Entrate chiarisce la corretta tassazione in tema di imposta registro in caso di risoluzione del contratto di compravendita immobiliare.

Con la risposta n. 439/2019 ad un interpello, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito la corretta tassazione ai fini dell’imposta di registro dell’atto di risoluzione consensuale del contratto di compravendita.

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Mutuo consenso

In primo luogo le Entrate ricordano che l’articolo 1372 del Codice civile (efficacia del contratto) stabilisce che:

Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Quindi chiarisco che con la risoluzione consensuale per “mutuo consenso”, come affermato anche dalla Cassazione, le parti volontariamente concludono un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario (cfr. Cass. n.17503 del 30 agosto 2005).

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Risoluzione contrattuale: tassazione

Ai fini della tassazione indiretta, spiega il Fisco, all’atto di risoluzione l’articolo 28 del d.P.R. n. 131/1986 prevede che:

  • comma 1: la risoluzione del contratto sia soggetta all’imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto. Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l’imposta proporzionale prevista dall’art. 6 o quella prevista dall’art. 9 della parte prima della tariffa;
  • comma 2: in ogni altro caso l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell’imposta proporzionale, l’eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse.

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In pratica:

  • in caso di clausola risolutiva espressa, contestuale al contratto originario o entro il secondo giorno dalla stipula del contratto, si applica l’imposta proporzionale solo se per la risoluzione è previsto un corrispettivo e solo sull’ammontare di quest’ultimo;
  • nel caso in cui le parti, mediante autonoma espressione negoziale, optino per la risoluzione del contratto originario, si applica l’imposta in misura fissa;
  • nella diversa ipotesi in cui la risoluzione dell’originario contratto sia realizzata mediante apposito negozio si applica la tassazione in misura proporzionale da applicare alle prestazioni derivanti dalla risoluzione e all’eventuale corrispettivo della risoluzione.

Le Entrate richiamano quindi le ordinanze della Corte di Cassazione (n. 5745/2018, n. 24506/2018) secondo le quali, per la tassazione della risoluzione, ai fini dell’imposta di registro, si ritiene rilevante la presenza della clausola risolutiva espressa nell’accordo originario: la sua assenza (o non stipula entro il secondo giorno successivo), non consente l’applicazione del comma 1 dell’articolo 28, bensì l’applicazione del comma 2.

Per le Entrate è proprio il comma 2 quello giusto al quale fare riferimento in caso di atto di risoluzione per mutuo consenso, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 9%, ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna.