Decreto crisi impresa: nuove regole sui contratti

di Barbara Weisz

24 Ottobre 2019 15:09

Mini riforma del Jobs Act nel decreto crisi d'impresa: le collaborazioni prevalenti sono rapporti subordinati, autonomi e riders con più tutele, indennità e compensi minimi.

Nuova stretta sulle false collaborazioni e più tutele per i riders e i lavoratori digitali: sono le principali novità sul lavoro contenute nella legge di conversione del decreto crisi d’impresa approvata al Senato. Per i fattorini viene vietato il pagamento in base al numero di consegne e meglio articolata la disciplina sui compensi minimi, mentre sul fronte collaborazioni sono state inserite nuove tutele per i lavoratori.

Co.co.org ad ampio raggio

Il decreto modifica il Jobs Act in relazione alle collaborazioni etero-organizzate.

Rendendo più ampia la platea di riferimento per questa tipologia di rapporto di lavoro, si riduce di contro quello delle co.co.co e si inquadrano come rapporti di lavoro dipendente tutte quelle prestazioni rese “prevalentemente” (e non più esclusivamente) in modo personale e continuativo, con organizzazione del lavoro a carico del committente. Sparisce anche il precedente riferimento a orari e luogo di lavoro.

La modifica va a correggere l’articolo 2, comma 1, del dlgs 81/2015, che diventa quindi così formulato:

a partire dal primo gennaio 2016, «si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente.

=> Collaborazione in deroga: cosa dice la legge

Stretta false collaborazioni

In pratica, diventa più flessibile il criterio della etero-direzione, che contraddistingue appunto (in base alla ratio normativa) le prestazioni di lavoro dipendente. Prima, per essere considerate etero dirette, le modalità di esecuzione del lavoro dovevano essere organizzate dal committente “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Quindi, per dirla in termini semplici, la presenza di una postazione in ufficio e la necessità di rispettare orari di lavoro erano caratteristiche necessarie per definire il rapporto subordinato, distinguendolo da quello di collaborazione coordinata e continuativa. Ora invece, la prestazione si considera organizzata dal datore di lavoro, con necessità di contratto dipendente, anche in mancanza di indicazioni precise su orari e luogo di lavoro.

Non solo: la prestazione deve essere non più esclusivamente personale ma prevalentemente. E quindi meno stringente anche questo vincolo: di fatto, la prestazione deve essere svolta direttamente dal lavoratore, ma il carattere della prevalenza lascia margini di flessibilità per cui non si possono escludere minime forme di auto-organizzazione (come l’utilizzo di propri beni strumentali).

Quest’ultima modifica di fatto pare più orientata a chiarire la ratio della norma, mentre quella relativa agli spazi e ai tempi ne amplia il raggio d’azione.

=> Collaborazioni e Partite IVA: le regole applicabili

Lavoro digitale

Resta infine la previsione, già inserita nel decreto in vigore, di applicare le regole anche quando le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali:

le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.

Riders

Ci sono poi le regole specifiche per i riders a maggior tutela dei lavoratori. L’impianto resta invariato, nel senso che vengono previsti livelli minimi di tutela per gli autonomi che “svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore (si tratta del settore delle consegne di cibo da asporto, che avviene in bicicletta o in motorino, e spesso viene organizzato tramite piattaforme digitali).

Ma c’è il divieto di pagare i rider in base alle consegne effettuate, mentre il decreto attualmente in vigore lo consente purché in misure non prevalente.  In realtà, è diventata più articolata la formulazione, per cui

i contratti collettivi possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente.

In mancanza di contratti nazionali, i lavoratori non possono essere retribuiti in base al numero di consegne, ma devono percepire un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti.

E’ sempre necessario che il contratto individuale sia in forma scritta, in mancanza della quale scattano sanzioni per le imprese. E bisogna riconoscere un’indennità pari almeno al 10% per il lavoro notturno e nei festivi.

Ricordiamo che le modifiche sono approvate al Senato, ma la legge di conversione del decreto crisi impresa deve iniziare il passaggio alla Camera. Difficile però prevedere cambiamenti nell’aula di Montecitorio in considerazione dei tempi stretti: l’approvazione definitiva deve avvenire entro il 3 novembre.