Il Redditometro rischia di diventare uno dei peggiori incubi per imprese, professionisti e contribuenti italiani, nonostante le continue bocciature in Cassazione e in tribunale per incostituzionalità dei metodi applicativi programmati dal Fisco:
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L’ultima stroncatura giunge dalla Suprema Corte, che ha dichiarato illegittime le medie ISTAT se utilizzate per controlli fiscali.
Per verificare un eventuale scostamento tra capacità di spesa e reddito presunto, il Redditometro prende infatti in considerazione 100 voci di spesa, ad ognuna delle quali viene attribuito un diverso contenuto induttivo, determinato tenendo conto della spesa media ISTAT per gruppi e categorie di consumi e del nucleo familiare di appartenenza.
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Ebbene, secondo la Cassazione (sentenza n. 4502), utilizzare i resoconti statistici ISTAT sulle spese degli italiani – suddivise ogni anno per composizione del nucleo familiare e per dislocazione geografica – è una pratica non legittima se tali stime vengono usate per supportare azioni di accertamento fiscale.
Trattandosi di medie, ci sono sicuramente famiglie che – pur oculate nella spesa – si potrebbero vedere attribuito un numero maggiore di transazioni, e viceversa. Dunque un quadro poco adatto a rappresentare ogni singola realtà.
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La Cassazione – nella propria sentenza – non fa esplicito riferimento al Redditometro ma chiarisce che le medie ISTAT possono essere usate solo per scopi statistici. Se ne deduce che non possono fungere da elemento di supporto all’accertamento fiscale di un singolo contribuente (azione che non ha alcuno scopo statistico).
L’Agenzia delle Entrate aveva spiegato che la decisione di usare le medie ISTAT nasceva anche per semplificare la vita dei contribuenti che in alternativa avrebbero dovuto conservare gli scontrini relativi ad ogni acquisto quotidiano.
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