Il nuovo contratto di collaborazione

di Anna Fabi

Pubblicato 6 Novembre 2015
Aggiornato 26 Settembre 2018 11:59

Il decreto attuativo del Jobs Act ha profondamente cambiato la disposizione legislativa in materia di collaborazioni: ecco come cambia il contratto dei collaboratori.

Con l’entrata in vigore del decreto attuativo del Jobs Act (dlgs 81/2015) sono cambiati i contratti di collaborazione: vediamo quali sono le principali caratteristiche delle nuove formule, a partire dall’autonomia gestionale limitata, che li distanzia sempre di più dal rapporto di lavoro autonomo, lasciando tuttavia, un certo grado di libertà, quel tanto che permette di farli discostare anche dalla subordinazione.

=> Collaborazioni coordinate continuative: nuova applicazione

In pratica, la nuova normativa sul riordino dei contratti di lavoro ha profondamente modificato i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.): se l’intento dichiarato era quello di abolirli a vantaggio di formule contrattuali stabili, nella pratica sussistono numerose eccezioni che rendono tali collaborazioni ancora stipulabili, ma prive di gran parte delle garanzie e tutele finora previste, soprattutto quelle stabilite dal decreto legislativo 276/2003.

Normativa

Il riferimento normativo per la nuova disposizione legislativa in materia di collaborazioni è l’articolo 409 c.p.c., inserito in realtà nel “Titolo quarto” dedicato alle “Norme per le controversie in materia di lavoro”. A rendere possibili nuove forme di collaborazione è anche il Collegato Lavoro alla Legge di Stabilità 2016.

=> Riforma Co.co.co. nel Collegato Stabilità

Entrando nel concreto, il decreto attuativo del Jobs Act ha:

  • abrogato tutti gli articoli della Riforma Biagi sulle collaborazioni coordinate e continuative anche a progetto;
  • abrogato le norme della Riforma del Lavoro Fornero che limitavano l’utilizzo delle collaborazioni rese da persone titolari di posizione fiscale ai fini IVA (le cosiddetta “partite IVA”).

Ecco come viene definita dalla norma la tipologia contrattuale in esame:

“Rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

=> Riforma del Lavoro e Jobs Act: le novità

Nuova presunzione di subordinazione

Il decreto ha stabilito i parametri da utilizzare per un rapporto di collaborazione autentico (articolo 2). In sostanza, il contratto non deve contenere alcune modalità esplicative della prestazione. Nel caso in cui queste siano presenti, dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione interessati si applicherà la disciplina del rapporto di lavoro subordinato:

“A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Si tratta di elementi che devono essere presenti in contemporanea; la mancanza di uno solo di questi elementi non fa scattare la presunzione assoluta.

Nuovi indicatori

Perché i contratti di collaborazione vengano giudicati autentici devono essere:

  • collaborazioni continuative, svolte in maniera prevalentemente personale e autonomamente organizzate dal collaboratore;
  • collaborazioni disciplinate (trattamento economico e normativo), dai CCNL (stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale), in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
  • collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • collaborazioni rese in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate al C.O.N.I.;
  • collaborazioni certificate dalle Commissioni di Certificazione, in base all’art. 76 del D.L.vo n. 276/2003.ù