Transazioni commerciali in Rete

di Stefano Gorla

27 Giugno 2008 09:00

I contratti online, stipulati per concludere transazioni commerciali attraverso Internet, vengono definiti atipici. Il loro utilizzo implica problemi a livello interpretativo

Secondo una definizione di Bill Gates, Internet ha reso possibile un “capitalismo senza attrito”, ossia una realtà virtuale dove domanda e offerta possono incontrarsi senza limitazioni spazio/temporali. Il Commercio Elettronico rappresenta, pertanto, una evoluzione del Commercio Internazionale, portando all’estremo con la sua virtualità le problematiche tipiche della contrattazione transnazionale. Il contratto, inteso come fonte di obbligazione (art. 1173 c.c.), vede ridefinire i termini relativi all’esatto
adempimento (art. 1218 c.c.). Le seguenti domande coinvolgono sia i soggetti pubblici che quelli privati chiamati ad essere parti
di un rapporto giuridico obbligatorio. Quale legge si deve applicare ai contratti online? Quale giudice deve risolvere le eventuali controversie? Il contratto online è universalmente riconosciuto quale accordo valido ed efficace?
Quando si può intendere concluso un contratto online? E come può essere inteso il luogo immateriale della Rete?

L’art. 1321 del c.c. italiano fonda sulla volontà delle parti la costituzione, regolazione o estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale e l’impiego di Internet per concludere transazioni commerciali non può che sollevare problemi interpretativi in merito alla disciplina relativa alla conclusione del contratto (art.1326 c.c.), all’offerta al pubblico (art.1336 c.c.), alle condizioni generali di contratto (art.1341 c.c.) ed alle clausole vessatorie (1469 bis c.c.).
I contratti telematici sono contratti atipici, nati dall’autonomia negoziale e che nell’autonomia devono trovare la fonte della loro regolamentazione. A risolvere a livello nazionale questi dubbi è intervenuto l’art 13 del D.lgs. 70/2003:
«le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di un
servizio della società dell’informazione inoltri il proprio ordine per via telematica».

A livello europeo è intervenuto l’art. 17 della Direttiva 2000/31/CE sulla composizione extragiudiziale delle controversie:

  1. Gli Stati membri provvedono affinchè, in caso di dissenso tra prestatore e destinatario del servizio della società dell’informazione, la loro legislazione non ostacoli l’uso, anche per vie elettroniche adeguate, degli strumenti di composizione extragiudiziale delle controversie previste dal diritto nazionale.
  2. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie, in particolare di quelle relative ai consumatori, ad operare con adeguate garanzie procedurali per le parti coinvolte.
  3. Gli Stati membri incoraggiano gli organi di composizione extragiudiziale delle controversie a comunicare alla Commissione le decisioni significative che adottano sui servizi della società dell’informazione nonché ogni altra informazione su pratiche, consuetudini od usi relativi al commercio elettronico.

La Direttiva elenca i servizi della società dell’informazione:

  • vendita online di merci
  • offerta online di informazioni, di comunicazioni commerciali, di strumenti per la ricerca
  • l’accesso e il reperimento di dati
  • la trasmissione di informazioni mediante una rete di comunicazioni
  • la fornitura di accesso ad una rete di comunicazione
  • lo stoccaggio di informazioni fornite da un destinatario di servizi
  • i servizi video a richiesta
  • l’invio di comunicazioni commerciali per posta elettronica.

Lo strumento che appare adeguato in questo senso è l’ADR, acronimo di Alternative Dispute Resolution: risoluzione alternativa delle controversie. Uno strumento alternativo rispetto al sistema ordinario di risoluzione delle controversie, per porre rimedio legale alle liti civili e commerciali. La derivazione dal mondo anglosassone basato sulla common law rende questo strumento pratico e duttile anche al contesto dinamico di Internet. Per il commercio elettronico l’acronimo si è quindi trasformato in ODR, Online Dispute Resolution. La diversa domiciliazione nazionale dei contraenti comporta la necessità dell’adozione di una procedura che presenti caratteristiche sia sostanziali che procedurali che esulino dalla normativa di un singolo Stato.

Di seguito possiamo elencare le caratteristiche comuni delle procedure ODR:

  1. COSTI CONTENUTI, considerando che il valore delle controversie che derivano da contratti online è di solito modesto, e consente di evitare il costoso ricorso alla procedura arbitrale internazionale;
  2. LIBERO ACCESSO, per cui il “netizen” (=cittadino della Rete) deve poter adire liberamente ad un organismo che possa dirimere una controversia relativa a rapporti contrattuali originati in Rete;
  3. ASINCRONICITA’ dovuta alla ubicazione reale delle parti che può comportare incontri virtuali in teleconferenza;
  4. SPECIFICITA’ degli organismi deputati all’ODR.

Concretamente alcuni degli ODR che sono stati realizzati risultano essere i seguenti:

  1. Comitati di arbitrazione, istituiti nell’ambito dell’ICANN (Internet Corporation for Assigned Numbers and Nambers) per le controversie aventi ad oggetto nomi di dominio .com, .org e .net, e della Naming Authority per i nomi di dominio .it.
  2. Forme di mediation o conciliazione online, che si svolgono per lo più in chat rooms dove le parti possono incontrarsi e trovare con l’aiuto del mediator le possibili soluzioni transattive alla loro controversia. In Italia un’esperienza di mediation è data dall’istituzione del servizio di Conciliazione online (http://www.conciliaonline.net/concilia/) in cui le parti giungono ad una soluzione concordata in un incontro virtuale, con l’aiuto di un conciliatore neutrale e competente, scelto dalle Camere di Commercio. Anche il servizio Risolvionline (http://www.camera-arbitrale.it/show.jsp?page=118319) della Camera di Commercio di Milano, attraverso conciliatori di diversi paesi dell’Unione Europea e di altri paesi extra UE, consente di gestire le controversie legate al commercio elettronico. Nel 2007 a Milano le domande di conciliazione depositate sono state 511, in netto incremento rispetto alle 320 del 2006. Dei 511 casi 376 erano relativi ai rapporti B2C e 135 B2B. Il valore medio dei casi è stato di 50.500 euro; questo stesso dato diminuisce a 14.500 euro quando sono coinvolti i consumatori, e sale invece a 162.500 euro qualora la controversia sia insorta tra due imprese. Nell’ 88% dei casi l’esito è stato positivo, e cioè le parti hanno trovato un accordo soddisfacente per entrambe, mentre solo nel 12% dei casi le parti si sono alzate dal tavolo della conciliazione senza aver risolto la controversia.
  3. La blind negotiation, una forma automatica di transazione negoziale attraverso l’utilizzo di un software, che individua tra i vari scambi di proposte e controproposte che le parti possono inviare telematicamente al sistema quelle che non si differenziano tra loro oltre una percentuale o somma predefinita. Negli Stati Uniti è usata in particolar modo in ambito assicurativo e per tutto ciò che riguarda le controversie scaturenti dal commercio elettronico e dai domini internet.
  4. La peer pressure, una denuncia nei confronti di un fornitore di servizi che il consumatore può inoltrare all’ODR provider. L’ODR si incarica di inoltrare la denuncia al fornitore e qualora questi non risponda o si dichiari estraneo alla vicenda il file della disputa è pubblicato sul sito web del fornitore con l’invito alla community di esprimere un’opinione al riguardo. A questo punto per il fornitore ci potrebbe essere una vera e propria gogna pubblica.
  5. La Credit Card Chargeback, per cui in seguito ad un’operazione di pagamento con Credit Card, subentra un soggetto commerciale professionale che svolge una propria istruttoria in una possibile controversia insorta tra privati.

Il Centro Europeo consumatori dà la possibilità di reperire online (http://www.euroconsumatori.org/16846v16846d16976.html) il “Formulario Europeo di reclamo del consumatore” e i link di tutti i centri ODR europei. Dal mondo di virtuale Internet sembra nasca una “giustizia virtuale” applicabile al mondo reale con strumenti giuridicamente nuovi ed innovativi, mostrandosi autosufficiente al punto da promuovere anche la nascita di micro-ordinamenti al di fuori del controllo statale e con la possibilità di una certezza “debole” rispetto al diritto stabilito dalle normative nazionali e a livello comunitario ma con la “forza” garantita dal social network.