Divieto di licenziamento nell’anno delle nozze

di Anna Fabi

1 Settembre 2021 08:50

Divieto di licenziamento per un anno quando ci si sposa, anche in caso di ristrutturazione dell’azienda e di preavviso oltre un anno prima.

Per tutelare la lavoratrice che si accinge a costituire una famiglia, il Legislatore ha stabilito il divieto di licenziamento nell’anno delle nozze, similmente a quanto spetta alle madri. La norma (definita dall’art. 1, L. n. 7/1963) annulla i licenziamenti consumati nel periodo che intercorre tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni e un anno dopo la celebrazione. Il Codice delle Pari Opportunità (DL n. 198/2006, art. 35, Divieto di licenziamento per causa di matrimonio) protegge le dipendenti pubbliche e private – escluse le addette ai servizi familiari e domestici – anche in caso di riorganizzazione aziendale.

Licenziamento ammesso

L’esternalizzazione di servizi, compresi quelli in cui è occupata la lavoratrice sposata, non rientra nelle motivazioni consentite per disporre un licenziamento per giusta causa. Il datore di lavoro deve dimostrare che il licenziamento è perpetrato per diverso motivo, tra quelli previsti dal co. 2, art. 3, L. 26 agosto 1950, n. 860:

  • lett. a) colpa grave della lavoratrice,
  • lett. b) cessazione attività aziendale,
  • lett. c) ultimazione prestazioni motivo di assunzione.

Licenziamento nullo

Nei casi indicati è lecita l’impugnazione del licenziamento, che risulta nullo (con reintegro e rimborso delle retribuzioni spettanti nel tempo intercorso) se avviene nell’anno di matrimonio della lavoratrice, anche con preavviso partito prima e motivato da chiusura di ramo d’azienda. La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, sentenza 27055/2013) ne sottolinea la finalità:

rafforzare la tutela della lavoratrice in momenti di passaggio “esistenziale” particolarmente importanti e da salvaguardare attraverso una più rigorosa disciplina limitativa dei licenziamenti.

=> Sussidio di disoccupazione alla madre che si licenzia

L’intenzione del Legislatore è quella di considerare nullo ogni recesso deciso nell’arco temporale indicato dalla legge, a prescindere dal momento in cui venga posta in essere. Ancor più se il motivo – riorganizzazione dell’azienda – non rientra nelle fattispecie previste dalla legge.