Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha ribadito che le nuove norme sul licenziamento introdotte prima con la Riforma Fornero e poi con il Jobs Act non si applicano ai dipendenti pubblici, i quali continuano ad essere tutelati dall’articolo 18 nella forma originaria. La Suprema Corte conferma così un orientamento su un punto dibattuto, l’applicazione delle nuove regole sui licenziamenti introdotte con la Riforma del Lavoro, che non si esclude possa essere esplicitato anche in un futuro provvedimento del Governo. Riassumiamo comunque tutte le norme sui licenziamenti in vigore in Italia, con i settori a cui sono applicabili.
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Lavoratori del privato assunti prima dell’entrata in vigore del Jobs Act (7 marzo 2015): hanno il diritto al reintegro in caso di licenziamento discriminatorio e in alcuni caso di licenziamento disciplinare. Per il licenziamento per motivi economici, è previsto un risarcimento fra 12 e 24 mensilità. Nel caso del licenziamento economico (giustificato motivo oggettivo), la reintegrazione scatta solo se c’è manifesta insussistenza deli licenziamento. Se il licenziamento è per giustificato motivo soggettivo, i paletti invece sono più rigidi: oltre che per inesistenza del fatto, scatta la reintegrazione quando il fatto contestato prevede una sanzione più lieve in base al contratto di riferimento.
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Lavoratori del privato assunti dopo il Jobs Act: il reintegro è previsto solo per licenziamento discriminatorio, in tutti gli altri casi scatta un risarcimento, pari a due mensilità per ogni anno di anzianità aziendale, con limiti da 4 a 24 mensilità. La reitegrazione è prevista solo se viene provata in giudizio l’inesistenza materiale del fatto contestato. Dipendenti pubblici: indipendentemente dalla data di assunzione, si applica l’articolo 18 della legge 300/1970, lo Statuto dei Lavoratori, che prevede il reintegro nel posto di lavoro per tutte le tipologie di licenziamento illegittimo (giustificato motivo ogettivo, soggettivo, giusta causa). Piccole imprese: per gli assunti prima del Jobs Act, risarcimento da 2,6 a 6 mensilità, per i contratti successivi al 7 marzo 2015, risarcimento da una a sei mensilità, in funzione dell’anzianità. Se l’azienda supera i 15 dipendenti dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, si applicano a tutti i dipendenti le nuove regole sul licenziamento (non quelle previste dall’articolo 18).
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La Riforma del Lavoro ha cambiato anche le procedure per i licenziamenti collettivi, sempre limitatamente al settore privato. In caso di illegittimità, nel pubblico resta il reintegro, nel privato sempre escluso per gli assunti dopo il Jobs Act, e previsto invece per coloro che erano già assunti. Anche a questi ultimi, può essere però applicato un risarcimento, da 12 a 24 mensilità. Per gli assunti successivamente al marzo 2015, il risarcimento è invece pari a due mensilità per ogni anno di anzianità aziendale, da un minimo di quattro a un massimo di 24.