Il Controllo di Progetto: dalla teoria alla pratica

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 13 Marzo 2013
Aggiornato 15:03

Come effettuare le procedure di controllo di progetto e monitorare gli scostamenti in termini di obiettivi e costi.. senza perdere la calma.

Uno degli aspetti di maggiore interesse nell’attività di Project Management è il Controllo di Progetto (approfondisci): un momento chiave per la realizzazione di un’attività pianificata, che coinvolge molte aree di intervento e può richiedere di intervenire con adeguate misure correttive.

In cosa consiste esattamente il Controllo di Progetto? Nell’attuare azioni di verifica che consentano di misurare, ad un dato istante, quanto ci si discosta dalla pianificazione originaria: non solo in termini di variazione temporale nel raggiungimento degli obiettivi, quanto soprattutto nello scostamento finanziario derivante da costi imprevisti o maggiori oneri, ad esempio per fluttuazione dei prezzi.

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Il primo step consiste nella rilevazione dello stato di avanzamento del progetto: per far questo è necessario disporre del diagramma di Gantt che riporta esattamente lo stato di avanzamento delle attività ed è inutile dire che la rappresentazione deve essere aggiornata.

Al di là degli aspetti teorici, a questo punto il nodo cruciale è che in questa fase di rilevamento sia imprescindibile la certezza che la comunicazione tra PM e risorse che si relazionano con lui sia assolutamente trasparente. Ciò serve ad evitare che alcuni aspetti rimangano celati portando a mancati interventi e, conseguentemente, alla perdita di controllo sul progetto e all’inasprirsi dei problemi con un inevitabile effetto domino.

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Detto questo, una volta accertato lo stato di avanzamento del progetto si può rendere necessaria una fase di riflessione qualora si siano rilevati degli scostamenti. In definitiva si tratta di effettuare una sorta di ripianificazione del progetto.
L’obiettivo canonico è di riprendere il controllo delle attività pianificate che hanno subito uno scostamento e che potrebbe riflettersi sul mantenimento degli obiettivi prefissati.

In pratica, è importante dire che un vincolo mai citato – ma di assoluto buon senso – consiste nel ridurre al minimo le variazioni alla pianificazione precedente. Questo non tanto per idiosincrasia verso i cambiamenti, quanto per non dover ripetere e rivalutare la distribuzione di risorse economiche, finanziarie e, soprattutto, di lavoro.

A questo scopo molti citano l’EVM (Earned Value Management), come insieme di strumenti matematici in grado di supportare il Project Manager nel misurare oggettivamente il grado di efficienza rispetto ai costi o, detto in altro modo, la valutazione del lavoro svolto rispetto al budget previsto per la realizzazione dello stesso (ovvero il progresso delle attività), e quindi in grado di determinarne lo scostamento.

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In particolare, i due parametri CPI (Cost Performance Index) e SPI (Schedule Performance Index) consentono di fare previsioni su costi e tempi di realizzazione dell’intero progetto, i cui valori dipendono dal rapporto tra costi pianificati e costi sostenuti piuttosto che da tempi pianificati e tempi effettivamente impiegati.

Nella pratica, molti ne parlano ma pochi lo utilizzano, se non su specifiche richieste imposte dal management o dalle autorità (e.g. partecipazione a bandi pubblici) o su progetti aventi durata estesa (maggiore di un anno) e budget elevato (superiore al milione di euro).

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* Immagine Shutterstock

Che si utilizzino o meno strumenti matematici più o meno sofisticati, la necessità di rivedere la pianificazione è innegabile, come pure quella di avere il controllo totale sullo stato del progetto.
In certi casi non si riesce a prescindere da alterazioni non indolori, tuttavia è sempre preferibile tentare di non stravolgere lo scenario prefigurato oltre lo stretto indispensabile, anche se questo riduce il grado di ottimizzazione parametrato per l’intero progetto.

Giunti a questo punto si è in condizione di comunicare lo stato di avanzamento del progetto.
Normalmente il Project Manager tende a effettuare questa comunicazione nei confronti del management: tuttavia è consigliabile – per esperienza diretta e se non contraddice le scelte del management e le politiche aziendali – comunicare al committente quanto di interesse per le attività che quest’ultimo intende attuare in conseguenza della realizzazione del progetto.

Capita sempre con maggiore frequenza che la conclusione di un progetto sia, per il committente, collegato ad altre attività. Per fare un esempio, organizzare eventi o associare una campagna pubblicitaria su un nuovo sito internet per una certa data o la partecipazione ad un evento fieristico durante il quale lanciare un nuovo prodotto.
Si possono fare miriadi di esempi da cui risulti evidente come il progetto a cui si sta lavorando non sia isolato ma, per il committente, parte di una più ampia operazione integrata all’interno della propria strategia aziendale: una tempestiva comunicazione sui possibili ritardi può limitare le conseguenze ed anzi, ne consente una corretta, anche se talvolta dolorosa, gestione.

Di minor portata – e per questo sovente erroneamente trascurata – è la comunicazione dello stato di avanzamento nei confronti delle risorse che operano all’interno del progetto: il team.
Non dimentichiamo che un buon Project Manager è colui che sa incentivare e motivare le risorse sotto il suo diretto controllo. La corretta comunicazione può e deve essere uno degli strumenti di incentivazione da attivare all’interno del team di progetto.
Trascurare questo aspetto di coinvolgimento del team, o farne uso solo quando si deve segnalare un ritardo e quindi avviare una procedura di emergenza, è fonte di tensioni che possono facilmente essere controllate se parte integrata di un meccanismo di comunicazione tra le parti efficiente ed efficace.

Inevitabilmente, la ripianificazione conduce a identificare criticità e rischi talvolta differenti rispetto alla precedente versione di pianificazione.
Normalmente le attività di controllo sono ben definite temporalmente all’interno del progetto (milestones) e talvolta coincidono con degli speciali eventi del progetto: il rilascio dei cosiddetti deliverables.
La verifica dei deliverables è parte integrante del controllo dello stato del progetto.
Disporre di un’evidenza concreta dei risultati raggiunti consente di aumentare l’effettiva coerenza tra quanto “misurato” nelle precedenti fasi ed il reale stato di avanzamento.

Da ultimo, è necessario oltreché opportuno effettuare la misurazione delle performance per verificare il rispetto dei parametri globali dell’attività in termini di raggiungimento degli indici di qualità che ci si attende dall’attività progettuale in oggetto.

Non resta che affrontare il punto spinoso dell’argomento iniziale: quando effettuare i controlli?
La letteratura risponde affermando che i momenti in cui si deve attuare il controllo sono da concentrare prevalentemente nella fase di avvio del progetto e nella fase conclusiva dello stesso.
Sicuramente verificare che tutti i requisiti che consentono il corretto avvio delle attività siano rispettati nei tempi e nei modi previsti è importante se non vitale, come pure attuare il controllo in fase di chiusura attività.
Altri testi, pur approvando questo approccio, suggeriscono un controllo continuo dello stato di avanzamento del progetto.

Non condivido un atteggiamento che rischia di tradursi in ossessivi controlli, non solo per non sfociare nell’aspetto psichiatrico della questione ma anche per evitare quel clima da “stato di polizia” che si verrebbe ad instaurare nel momento in cui il team di sviluppo si trovasse continuamente posto in condizione di avere, come requisito, non il raggiungimento degli obiettivi ma piuttosto una strenua difesa del proprio operato.
Il tutto, con il rischio tutt’altro che remoto dell’adozione di un meccanismo di rimbalzo delle responsabilità (meglio noto come scarica barile!) che oltre a non approdare a nulla va ad incrinare intesa e coesione del team di sviluppo, che invece è condizione necessaria per il raggiungimento degli obiettivi e funzione propria del Project Manager.

Vale la pena rilevare come, adottando una metodologia che è più attenta alle relazioni con il cliente e con il suo coinvolgimento nell’intera fase realizzativa – ovvero con un approccio più orientato alla predisposizione di componenti intermedi da rilasciare al committente in corso d’opera – si realizzino di fatto un numero elevato di momenti di controllo, che si distribuiscono lungo l’intero arco di realizzazione del progetto e delle componenti che lo caratterizzano.

L’adozione di una metodologia che declina questi meccanismi, ad esempio PRINCE2, consente di ottenere in maniera assolutamente naturale l’adozione di momenti di Controllo di Progetto che non rappresentano nulla più che il raggiungimento dei differenti momenti pianificati, all’inizio e nel corso del ciclo di vita del progetto stesso, consentendo di attuare misurazioni coerenti con l’andamento delle attività e riducendo il livello di tensione all’interno del team di progetto.