In Italia si cercano 3mila green manager, capaci di getire con principi “ecologici” il tessuto produttivo delle aziende. Ad affermarlo è stato Eduardo Salvia, managing partner di Odgers Berndtson, fra i primi network mondiali nell’Executive Search.
“Nelle organizzazioni italiane c’è bisogno fin da ora di almeno 3mila eco-manager – ha spiegato Salvia – vale a dire persone che, in qualunque azienda operino, siano chiamati ad agire con criteri eco”. E le prospettive di crescita del top management ‘green’ sono in aumento non solo nel nostro Paese, ma anche in Europa e nel mondo. In Italia solo gli energy manager sono oggi circa 2650 (dati FIRE, Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia), e la cifra è destinata a crescere di almeno dieci volte. Secondo Confindustria nell’efficienza energetica saranno disponibili 1,6 milioni di posti lavoro in 8 anni. In Europa, entro il 2020 nelle energie verdi si parla di 2 milioni e 800mila addetti.
Cifre ragguardevoli, confermate anche dall’UNEP, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’ambiente, che prevede che nei prossimi 20 anni le figure manageriali che avranno a che fare con l’energia nel mondo saranno 8 milioni in tutto il mondo. Il motivo di questo boom? Una legislazione severa, i vincoli di risparmio energetico, l’esigenza di sostenibilità dei cicli di lavorazione e le aspettative dei consumatori fanno dell’eco-manager una delle figure con maggior aspettativa di crescita. E gli incentivi statali non sono quindi l’unica leva: un’azienda governata secondo gli standard green – per esempio dotata di certificazioni ambientali – è in vantaggio sui suoi competitor nel partecipare a bandi di gare, così come nell’intercettare i nuovi trend del mercato.
Quali competenze deve avere un green manager? “È un ruolo di board – spiega Salvia – che sa interpretare in chiave verde produzione, organizzazione e mercato facendo del green un principio di governance. Deve mantenere costanti legami con i vari settori dell’impresa: produzione, acquisti, logistica, marketing e comunicazione. E deve anche diffondere la cultura verde in azienda, sensibilizzando i dipendenti”.
“Un eco manager – prosegue Salvia – verifica che tutti i processi avvengano secondo le discipline di qualità ambientale; supervisiona l’applicazione dei criteri di efficienza energetica; si assicura che il marketing sappia valorizzare il surplus green del prodotto e dell’azienda. Ha come alleati strategici gli esperti green: gli eco-auditor, che controllano gli impianti produttivi e la tipologia di rifiuti pericolosi, il risk manager, a cui spetta il compito di individuare i punti deboli e i rischi delle attività commerciali, e l’energy manager, lo specialista dell’ottimizzazione dell’uso dell’energia”.
“Dobbiamo pensare l’eco-manager come un manager del futuro, che non viaggia più su binari preconfezionati, ma sa modellare conoscenze, competenze ed esperienze su una realtà in continua evoluzione. Non basterà più saper stendere un convincente studio di fattibilità: servirà tenersi al passo con la legislazione ambientale e con quanto succede sullo scenario globale. Le caratteristiche in più che un head hunter cerca in un candidato per queste posizioni – conclude Salvia – sono vivacità di pensiero, esperienze in diversi settori e la conoscenza dei processi aziendali”.