Capita non di rado di valutare positivamente un curriculum vitae e scoprire, in fase di colloquio, che il candidato ha letteralmente condito il suo percorso professionale segnalando informazioni non veritiere.
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Dietro questo comportamento, spesso dovuto al forte desiderio di trovare un impiego e al timore di non essere preso in considerazione nel mare di CV inviati al responsabile della selezione, si celano tuttavia altri aspetti meno scontati.
Il candidato che mente nel suo curriculum indicando false credenziali pecca di invidia e disonestà: secondo una ricerca condotta dall’Università del Minnesota, ad esempio, spesso si decide di falsificare un CV in preda all’invidia nei confronti di chi ha già trovato un’occupazione.
A influire negativamente su questo comportamento è anche la durata dello stato di inattività, tanto che la probabilità che il candidato falsifichi quanto affermato nel curriculum cresce in funzione del numero di mesi trascorsi senza lavoro.
Secondo Brian Dineen, docente presso la Purdue University e co-autore dello studio citato sopra: «Se si assume qualcuno che ha falsato il suo curriculum, non solo si potrebbe avere a che fare con una persona che ha meno qualifiche di quelle dichiarate, ma potrebbe anche rivelarsi un individuo in grado di commettere altri tipi di frode.»
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È un’indagine promossa da CareerBuilder nel 2012, invece, a rivelare come solo il 10% degli aspiranti neo assunti ammetta di aver falsificato il proprio CV, mentre tre manager HR su dieci dichiarano di aver riscontato scorrettezze in più di un’occasione.