Fisco: niente equa riparazione sui ritardi

di Barbara Weisz

Pubblicato 6 Marzo 2015
Aggiornato 13 Marzo 2015 09:52

Fisco: la materia tributaria non rientra nell'ambito di applicazione della legge Pinto sull'equa riparazione, ovvero il rimborso al cittadino per i ritardi dei processi: sentenza di Cassazione.

Sentenza Cassazione

L’equa riparazione per i ritardi dei processi e le lungaggini della giustizia non scatta nel caso in cui la materia sia tributaria e riguardi il Fisco, ovvero la potestà impositiva dello Stato: sulla base di questa considerazione la Corte di Cassazione ha respinto la domanda di indennizzo di un cittadino per l’eccessiva durata di un processo relativo al rimborso di ritenute fiscali versate sull’indennità di buonuscita. La Suprema Corte ha confermato il giudizio di appello, emesso a Perugia, che non concedeva l’equo indennizzo al contribuente, e anzi lo condannava a pagare mille euro per “manifesta infondatezza dell’opposizione”.

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La motivazione è squisitamente tecnica e riguarda il campo di applicabilità della legge Pinto, legge 89/2001, sull’equa riparazione dovuta al cittadino che subisce la violazione del termine ragionevole del processo. In parole semplici, la norma prevede un risarcimento per i ritardi dei processi. Ma, obietta la Corte, in questo caso non è applicabile, perché la materia è tributaria, mentre l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) stabilisce che la tutela in oggetto (il diritto all’equa riparazione) è limitata ai campi civile e penale. Dunque, la materia tributaria è esente, tranne che nei seguenti due casi:

  • le cause riguardanti sanzioni tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro carattere afflittivo, quindi alternative a una sanzione penale ovvero a una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia commutabile in una misura detentiva: vengono citate a tal proposito le sentenze di Cassazione 510/14 e 13322/12;
  • le cause che pur essendo riservate alla giurisdizione tributaria sono riferibili alla “materia civile”, in quanto riguardanti pretese del contribuente che non investano la determinazione del tributo ma solo aspetti consequenziali (vedi Cassazione 19367/08), oppure richieste di rimborso di somme, rifluenti nell’area delle obbligazioni privatistiche.

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Fra queste ultime, specifica la Cassazione, «non rientrano le controversie riguardanti il rimborso di imposte che il privato ritenga indebitamente trattenute, poiché il relativo diritto non è accertato secondo i principi di diritto civile sulla ripetizione di indebito, ma in base all’esistenza o meno del potere impositivo». Nel caso in esame, l’oggetto del contendere «era costituito dalla fondatezza o meno dell’imposizione e dunque riguardava un rapporto obbligatorio interamente disciplinato da norme di diritto pubblico, con conseguente sottrazione della controversia alla materia civile». E la materia tributaria è estranea all’ambito applicativo del citato articolo 6 CEDU, alla base della legge Pinto sull’equa riparazione. Risultato: ricorso respinto.(Fonte: la sentenza 4282/2015 della sesta sezione civile Corte di Cassazione)