Omissione IVA e contributi: quando non è reato

di Filippo Davide Martucci

15 Aprile 2015 07:03

La mancanza di liquidità può essere causa di esclusione della fattispecie penale tributario in caso di mancato versamento di IVA, imposte e contributi? Ecco le risposte.

Potenziale esclusione dalla fattispecie penale dei reati di omesso versamento di  ritenute o IVA in caso il contribuente riesca a dimostrare le difficoltà economiche oggettive e l’impossibilità di scelta.

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Interpretazioni più rigide

C’è da dire che la Cassazione non si è mai mostrata favorevole in questo senso, sottolineando – al contrario – che per consumare il reato penale tributario basta l’elemento soggettivo della consapevolezza e/o volontà di omissione, senza tener conto delle condizioni economiche dell’imprenditore. La III Sezione penale della Suprema Corte ha più volte rimarcato che:

  • l’amministratore di azienda non può detenere somme destinate al pagamento delle imposte senza che si configuri una “indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione (Sentenza 1 dicembre 2010, n. 10120);
  • pagare gli stipendi ma non versare i contributi previdenziali per una impossibilità materiale “non influisce sulla struttura oggettiva del reato” (Sentenza 13 gennaio 2012, n. 885);
  • “il reato di omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti” (Sentenza 28 gennaio 2014, n. 3705; Sentenza 22 marzo 2012, n. 11156);
  • nel caso di mancato pagamento IVA, se l’importo indicato in dichiarazione supera 50.000 euro l’anno ma l’impresa non ha mai incassato l’imposta, deve comunque versarla (Sentenza 3 maggio 2013, n. 19099).

Alla luce di quanto richiamato, costituisce reato il mancato accantonamento delle somme dovute all’Erario, su somme solo temporaneamente a disposizione, nell’attesa di girarle a chi ne possiede la titolarità. Pertanto, non è possibile escludere il dolo per via delle difficoltà economiche.

Interpretazioni meno rigide

A questa interpretazione rigida della norma si oppone un’altra più elastica, fatta emergere da alcuni Tribunali, secondo la quale la comprovata impossibilità ad adempiere all’obbligo di versare può invece escludere la rilevanza penale.

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Con le Sentenze del 19 settembre 2013, n. 37424 e n. 37425, il Supremo Collegio ha dichiarato possibile invocare:

“per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta […] di non dar debitamente fronte alla esigenza predetta”. L’elemento soggettivo può essere escluso solo che si è in grado di apportare “indicazioni specifiche […] concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all’adempimento”.

La sentenza ha aperto alla possibilità di escludere la fattispecie penale se il contribuente è in grado di dimostrare le oggettive difficoltà economiche subite durante e dopo la consumazione del reato fiscale e se l’omesso versamento non è ricollegabile a una sua scelta: deve in altri termini dimostrare l’assenza di dolo e l’impossibilità di ottemperare ai propri obblighi in materia tributaria.