Crisi Alitalia: un po’ di storia, il governo Berlusconi e i capitani coraggiosi

di robertobosio

Pubblicato 1 Luglio 2014
Aggiornato 6 Marzo 2020 15:52

Il vincitore annunciato delle elezioni – ovvero Silvio Berlusconi – divenne il nuovo primo ministro l’8 maggio 2008. In estate il suo governo mette in piedi la CAI, Compagnia Aerea Italiana, la società che comprende tutti i “capitani coraggiosi” e presieduta da Roberto Colaninno. Insieme a lui c’è il gruppo Benetton, quello dei Riva – la famiglia che controlla l’Ilva, la famiglia Ligresti e Marcegaglia, e Caltagirone, il gruppo Gavio e Marco Tronchetti Provera. L’operazione trova tra gli altri la sponda di Intesa Sanpaolo – a quell’epoca guidato da Corrado Passera.

L’azienda rileva da Alitalia il marchio e una parte delle attività della compagnia aerea – la cosidetta good company -, mentre la bad company con debiti ed il resto viene lasciata nelle mani dello stato. Cai ottiene la parte buona di Alitalia per 1 miliardo – e quindi paga 700 milioni meno di quanto Air France aveva pattuito con il governo Prodi. Di questo miliardo poi sborseranno solo 300 milioni…

I nuovi arrivati riescono anche ad ottenere anche altre cose, come i 7.000 esuberi contro i duemila del vecchio accordo – e ai nuovi esuberi viene concessa una cassa integrazione di sette anni, probabile premio ai sindacati che si sono sfilati dall’accordo con la compagnia aerea anglo-francese. Qualche malelingua pensa che alcuni degli imprenditori abbiano ottenuto delle compensazioni di altro genere. Quasi tutti i partecipanti alla cordata sono concessionari dello Stato – dai telefoni alle autostrade – e i loro guadagni dipendono dalla regolamentazione sulle concessioni che fissa il governo.

Oltre alla minore entrate per la vendita di Alitalia, il governo si fece carico anche della bad company – per un costo stimato tra i due ed i tre miliardi di euro… Proprio una bella idea.