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Lavoro: riforma in cerca di intese

di Barbara Weisz

Pubblicato 19 Marzo 2012
Aggiornato 24 Giugno 2013 12:04

Vertice Rete Imprese Italia con il ministro Fornero sul costo del lavoro per le aziende in vista del tavolo governativo del 20 marzo alla presenza del premier: sindacati ancora divisi, mentre la Fiom propone lo sciopero.

La riforma del mercato del lavoro è al rush finale: in vista dell’incontro del 20 marzo con Ministro Fornero e il premier Mario Monti, i sindacati cercano una posizione comune mentre le imprese – PMI in testa –  evidenziano quansto siano controproducenti gli eccessivi costo del lavoro previsti. Vediamo in estrema sintesi come si configurano le diverse posizioni in questo clima ormai da pieno conto alla rovescia.

I costi per le imprese

Un 19 marzo dedicato agli incontri preparatori, fra cui quello fra il ministro Elsa Fornero e i rappresentanti di Rete Imprese Italia.
L’associazione  (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti) in mancanza di cambiamenti alla bozza del governo non firmerà l’accordo e ha minacciato la disdetta di tutti i contratti nazionali. Dunque, una situazione particolarmente tesa. Le misure contestate dalle PMI riguardano i contributi per concorrere al fondo per la nuova assicurazione sociale obbligatoria Aspi l’assicurazione sociale obbligatoria)., e costi particolarmente salati per i contratti a tempo determinato.

Articolata la posizione critica espressa da Francesco Rivolta, direttore generale di Confcommercio: «le imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti non hanno potuto delocalizzare, scontano una drastica riduzione del credito da parte delle banche, vivono di domanda interna che è in caduta libera da anni, vantano nei confronti dello stato crediti che sembrano inesigibili e sopportano una pressione fiscale fra le più alte in Europa».

E se in questo contesto «si aggiunge un aumento elevatissimo del costo del lavoro e contemporaneamente si pensa di ingessare l’organizzazione del lavoro, attraverso interventi anche su contratti regolamentati quali il tempo determinato, il part time, l’apprendistato e si ipotizza una presunzione assoluta di subordinazione sulle partite Iva che non ha pari in Europa, l’unico effetto sarebbe quello di produrre più costi e aumentare il contenzioso per quelle imprese che hanno sempre agito nel rispetto della legge».

Fra l’altro, «si metterebbero in ginocchio le imprese a fronte, peraltro, di versamenti per malattia all’Inps e contributi Inail che per il terziario producono avanzi strutturali di gestione positivi».

Decisamente più morbida la posizione di un’altra organizzazione rappresentativa delle PMI, Confapi. Il presidente Paolo Galassi aprezza le misure previste dal governo, che «vanno nella direzione della semplificazione degli strumenti sia di entrata che di uscita dal lavoro», commenta «positivamente l’ipotesi di realizzare una cassa integrazione per l’industria operante presso l’Inps con gestione separata dagli altri comparti e la possibilità di rimodulazione delle aliquote di versamento in relazione ai risultati di gestione», ritiene altrettanto apprezzabile «la valutazione che prevede che tutti i comparti debbano concorrere al finanziamento delle singole voci di bilancio dell’Inps, così da creare una perequazione di trattamento tra i diversi settori» e conclude: «ben vengano infine la volontà di semplificare gli strumenti contrattuali, così come ogni misura volta a promuovere la stabilizzazione dei rapporti di lavoro mediante il contenimento degli oneri contributivi».

Quanto al governo, sembra possibile un ammorbidimento soprattutto per quanto riguarda i tempi: le nuove aliquote a carico delle imprese (1,3% per i dipendenti, 2,7% per i contratti a termine) potrebbero slittare al 2016-2017.

Articolo 18

Sull’obbligo di reintegro per i licenziamenti senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti, la proposta del governo prende spunto dal modello tedesco. Il reintegro resterebbe solo per i licenziamenti discriminatori, mentre i licenziamenti per motivi economici sarebbero possibili dietro il pagamento di un indennizzo economico. Sulle interruzione di rapporti di lavoro per motivi disciplinari, la decisione fra reintegro o indennizzo spetterebbe al giudice.

I segretari delle tre sigle confederali, Susanna Camusso (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl), e Luigi Angeletti (Uil), si sono riuniti in un vertice oggi 19 marzo per trovare l’intesa su un documento comune con cui presentarsi al tavolo. Due ore di discussione, al termine delle quali secondo quanto dichiarato da Susanna Camusso «non c’è nessun documento». Ma «ci continuiamo a sentire» ha aggiunto la segretaria della Cgil, così come Bonanni e Angeletti hanno dichiarato che «stiamo lavorando».

Come è noto, la posizione più dura è quella della Cgil, disposta al massimo ad ammettere l’indennizzo per i licenziameti economici (anche se ci sono parti del sindacato, come la Fiom, che non vorrebbe nessun cambiamento all’articolo 18). Cisl e Uil sembrano invece più disponibili anche alle novità in materia di licenziamenti disciplinari, anche se negli ultimi giorni anche da parte di queste sigle si sono registrate posizioni rigide. La Cisl continua a insistere per un dialogo continuo che consenta ai sindacati confederali di arrivare con un accordo unitario al tavolo governativo.

Anche perchè negli ultimi giorni il ministro Fornero ha ripetuto che l’intenzione del governo è quella di fare la riforma comunque, con o senza l’accordo, ma è lo stesso ministro a ritenere che «una riforma raggiunta con il consenso delle parti sociali abbia un valore aggiunto che la stessa riforma approvata senza il consenso non ha».

In concomitanza con l’appuntamento pre riforma, infine , la Fiom ha proposto due ore di sciopero dei metalmeccanici in tutta Italia contro ogni ipotesi di riforma dell’articolo 18.