Il manager in Italia: contraddizioni e nuove tendenze

di Alessia Valentini

27 Agosto 2010 09:00

Sfatando i vecchi luoghi comuni e analizzando il panorama italiano, uno sguardo ai nuovi manager italiani, tra nuove leve e dirigenti di lunga esperienza

Qual è la situazione dei manager nelle aziende italiane? L’Italia non è considerata “un paese per giovani” a livello dirigenziale, anche se esistono eccezioni, tuttavia, se si volesse fare un bilancio nazionale si assisterebbe a forti contraddizioni.

Nuovi manager in azienda

Troppo spesso i giovani manager sono assunti e molto ben pagati, ma poco sfruttati nella pratica: principalmente nelle imprese della New Economy (ma in verità può capitare in qualsiasi tipo di impresa), sono assunti per il desiderio di innovazione e rinnovamento, e per sviluppare nuovi business: quasi subito, però, vengono demansionati e messe in un angolo, in favore di manager Old Economy che perseguono i processi tradizionali.

In questi casi manca il confronto tra innovatori e conservatori, che in ogni impresa consente di accrescere la quantità e qualità delle iniziative e strategie del management.

Nei casi opposti, in questi manager la dirigenza ripone fiducia totale, a volte sproporzionata, che rende sordi e ciechi alle valutazioni degli altri dipendenti e collaboratori: questi manager sono strapagati ma alla fine le aziende si ritrovano sull’orlo del fallimento e i conti in rosso. Perchè? Perchè manca l’applicazione di un opportuno sistema di verifica dei risultati, che sia legato allo stipendio almeno per una parte variabile.

In molti casi la modalità di sostituzione del management non avviene per merito: a volte l’ascesa di un giovane manager è frutto della fortunosa conseguenza di eventi, fatti di professionalità e opportunità, del trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Altre volte l’opportunità scaturisce da conoscenze politiche piuttosto che da meriti di campo.

Spesso si richiede ai manager interni la disponibilità alla job rotation (rotazione di lavoro) interna all’azienda per favorire la carriera, ma poi si scelgono figure di alto management che hanno avuto una carriera al di fuori dell’azienda.

Come scegliere il manager

La rivista MCS qualche tempo fa pubblicava uno studio secondo cui, per lo sviluppo delle imprese, il manager ideale era una figura che aveva alternato incarichi in Italia e all’estero ricoprendo posizioni differenti, con particolare attitudine alla gestione delle diversità e ovviamente con una naturale inclinazione al rapporto verso le persone, al gioco di squadra, interessi extra-lavorativi ed eventualmente relazioni con associazioni di volontariato.

La situazione è diversa nelle Pmi dove l’attività dei manager è soggetta a concorrenza, globalizzazione e si è instaurata una naturale selezione darwiniana fondata sul merito per coloro che ricoprono posizioni decisionali e strategiche: non a caso, in queste aziende il tasso di ricambio dei dirigenti e di natalità delle aziende è pari ai livelli europei.

Dove abbonda la competizione, il merito resta un fattore primario di successo: o si impara a nuotare o l’azienda affoga. Anche l’opinione pubblica difende i manager delle Pmi: l’81,6% degli italiani è convinto che siano uno dei pochi ambiti della società italiana in cui conta la meritocrazia.

Dunque, in un contesto di mercato sempre più competitivo appare fondamentale per ogni azienda di ogni dimensione valutare correttamente l’operato di un manager, specie se giovane, e incrementare le leve che possono incidere sull’efficienza.

Strategie di selezione

La valutazione deve essere applicata a ruolo e prestazioni in relazione al potenziale. I dati di analisi devono essere oggettivi e basati su obiettivi misurabili e ripetibili. Anche la competenza del manager deve essere stabilita in base a criteri onnicomprensivi dei valori, delle aspirazioni e della passione per il lavoro da svolgere. Non va dimenticata la formazione orientata alla gestione delle risorse, alla comunicazione efficace e alle tecniche di gestione del conflitto.

Una possibile lista di valutazione di un manager rispetto alle competenze attese potrebbe riguardare: Teamwork, Proattività/Innovazione, Velocità realizzazione, Problem solving, Leadership, Assunzione rischio responsabilità, Affidabilità/gestione priorità, Communication skill, Sensibilità ai risultati economici, Attenzione al cliente, Orientamento al risultato, Motivazione all’apprendimento, Flessibilità al cambiamento, Valorizzazione persone.

Per incrementare l’efficienza è possibile intervenire sui vincoli contrattuali dei contratti dei dirigenti come è stato fatto già in passato nel settore del commercio: il rinnovo contrattuale per i dirigenti nel settore terziario (anno 2004) era basato sulla eliminazione degli scatti di anzianità automatici e sulla introduzione della figura del “dirigente di prima nomina“, per il quale l’azienda pagava il 50% dei contributi in meno per i primi 3 anni per i manager al di sotto dei 39 anni e per quelli over 50 solitamente di difficile ricollocazione.

Questo, aveva favorito l’introduzione di manager giovani o esperti over 50. Il supporto della Confcommercio per la redazione di questo contratto aveva permesso di offrire agli iscritti anche un pacchetto di servizi quali previdenza integrativa di categoria, individuale, assistenza sanitaria integrativa, sostegno al reddito per disoccupazione e per le aziende aggiornamento e formazione professionale presso le sedi Confcommercio. La durata quadriennale di tale contratto era poi garanzia di stabilità per le imprese che potevano così pianificare al meglio le loro strategie e i loro impegni.

Infine per ogni manager è importante non dimenticare che i tipici luoghi comuni stanno cambiando e richiedono quindi una attenzione specifica.

Nuove tendenze

Basta Multitasking: la capacità di gestire sempre e comunque più attività contemporaneamente non è più un requisito, annzi! Un recente studio della Stanford University ha dimostrato che il manager ideale è un tipo zen: affronta un’attività alla volta e si concentra su di essa prima di passare alla successiva! Sostenere più attività contemporaneamente renderebbe disattenti, incapaci di una adeguata concentrazione e farebbe perdere colpi alla memoria. Quindi la schizofrenia applicata al lavoro è da considerarsi un mito grottesco e controproducente.

I soldi non fanno più il manager: i giovani rampanti non sono solo attenti alla leva retributiva in occasione di nuovi incarichi. L’attenzione al reddito è maggiore fra i manager del settore Finanza ma minore nel settore Industria, dove l’attenzione è posta anche sul progetto imprenditoriale che può arricchire il bagaglio delle esperienze e magari fornire una competenza internazionale.

Il manager non resta per sempre nella stessa azienda: il ricorso al turnover è prassi, tanto che aziende come la società di management temporaneo EIM (Executive Interim Management) hanno stilato un vademecum per gestire il ricambio dei manager, soprattutto in caso di gestione fallimentare dell’impresa, per favorire al meglio il riavvio delle attività.

Creare una forte discontinuità con il passato è importante: in pratica, chi sbaglia deve essere sostituito, ossia si devono identificare i manager responsabili dei problemi di gestione e sostituirli con leader più esperti o capaci. senza utilizzare il management di seconda linea che deve ancora crescere e maturare.

Altri trend? Accelerare i tempi. A causa delle condizioni di mercato e della concorrenza il ricambio manageriale deve avvenire se entro 12 mesi non si hanno risultati apprezzabili e comunque già entro i primi 3-6 mesi si dovrebbe assistere ad una tendenza in positivo degli obiettivi pianificati.

Agire in modo globale. Dal punto di vista della produttività e dei mercati di sbocco, l’azienda dovrebbe prevedere accordi industriali, partnership commerciali per sfruttare la delocalizzazione produttiva o un mercato target finale al di fuori dei confini italiani come elemento di crescita e di salvezza.

Gestire il sistema, non il problema. L’approccio ad una situazione di crisi deve essere generalizzato a tutti i comparti aziendali e non solo al settore finanziario. Le azioni di rilancio devono partire dai processi e dalla loro ristrutturazione in chiave strategica onnicomprensiva di tutte le strutture e business unit aziendali.

Dare una visione del futuro. In occasione di un cambio manageriale per riqualificare l’impresa, fornitori, clienti e partner devono essere informati puntualmente sulle prospettive future e sui piani di sviluppo per diventare parte attiva e condividere tali approcci al fine di contribuire al nuovo riassetto aziendale. La comunicazione verso questi attori è fondamentale per la loro collaborazione al successo aziendale atteso.