Un aumento del carico di lavoro, la riorganizzazione aziendale che impone di fare di più con meno risorse a disposizione, ma anche il sempre più frequente sconfinamento del lavoro nella vita privata complici le moderne tecnologie: sono fattori che possono portare i dipendenti a provare vero e proprio odio verso la loro professione, il luogo dove la svolgono e le persone con cui hanno quotidianamente a che fare.
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Gestire il personale demotivato e poco impegnato può creare più di un problema, soprattutto se si tiene conto delle possibili conseguenze: i lavoratori che hanno perso fiducia nella loro azienda e non credono più nel mestiere che svolgono possono influire negativamente sul morale dei colleghi, nonché accumulare assenze e compromettere la gestione dei clienti.
L’insoddisfazione si verifica, principalmente, quando viene a mancare anche solo una tra le esigenze fondamentali per i dipendenti, raggruppate in alcune tipologie.
Si parla delle necessità fisiche, vale a dire pause regolari, tempo per rigenerarsi e ricaricarsi, ma anche delle priorità di carattere emotivo: i lavoratori hanno infatti bisogno di sentirsi apprezzati per il loro contributo e di ricevere feedback giorno dopo giorno.
Prendendo in considerazione le esigenze mentali, spesso è il multitasking a far sentire i dipendenti sopraffatti dagli impegni: meglio permettere loro di concentrarsi su un compito alla volta, impostando priorità e scadenze senza tuttavia evitare di concedere sufficiente autonomia organizzativa.
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Anche se viene a mancare la capacità di allineare i propri sforzi agli obiettivi aziendali, e alla stessa visione strategica, l’impegno della forza lavoro è destinato a calare inesorabilmente. L’assegnazione di qualsiasi incarico, invece, dovrebbe essere accompagnata dalla spiegazione di come quella determinata mansione può offrire un contributo per il raggiungimento di un fine più grande.