Approvata questa mattina in Consiglio dei ministri la legge costituzionale di riforma della Giustizia del ministro Angelino Alfano. L’esecutivo dice quindi “sì” a separazione delle carriere, fra giudici e pm, sdoppiamento del Consiglio Superiore della magistratura, introduzione della responsabilità civile dei magistrati, inappellabilità delle sentenze di assoluzione di primo grado, una sorta di temperamento dell’obbligatorietà dell’azione penale, cambiamenti nel rapporto fra procure e polizia giudiziaria.
Questi alcuni dei principali cambiamenti introdotti nei 18 articoli della riforma, che ora passerà all’esame del parlamento secondo l’iter previsto dalle leggi costituzionali (due passaggi in ognuna delle due camere, distanziati di almeno tre mesi, e la possibilità di referendum nel caso in cui in aula non si raggiungono i due terzi dei voti a favore).
Una riforma che il premier Silvio Berlusconi ha definito «un punto qualificante della nostra azione di governo, una riforma organica, di prospettiva e di profondo cambiamento». Il nuovo sistema, ha aggiunto il titolare della Giustizia, Angelino Alfano, «prevede il giudice in alto, con il pm e il cittadino allo stesso livello».
Tuonano invece le opposizioni, con il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro che la definisce «così antidemocratica da stravolgere lo stato di diritto” per annunciare: «noi presenteremo un solo emendamento, completamente abrogativo di tutta la riforma». Negativo anche il commento dell’Associazione Nazionale Magistrati, il cui presidente Luca palamara parla di «riforma punitiva il cui disegno comlessivo mina l’autonomia e l’indipendenza della magistratura».
Al di là del dibattito politico, molto acceso, vediamo i punti principali della riforma. Innanzitutto, la separazione delle carriere: I giudizi costituiscono «un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge», mentre i pm sono un “ufficio” organizzato secondo “le norme dell’ordinamento che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza”. Funzionale alla separazione delle carriere, lo sdoppiamento del Csm. In pratica, ci sarà un Csm per i giudici e uno per i pm. Saranno entrambi presieduti dal capo dello stato, tutti e due composti per metà da consiglieri laici e per metà togati ed eletti per metà dal parlamento e per metà da magistrati (uno dai pm, l’altro dai giudici).
Resta l’obbligatorietà dell’azione penale, ma viene inserita la clausola “secondo i criteri stabiliti dalla legge”. Una grossa novità è rappresentata dall’introduzione della responsabilità civile dei magistrati, che quindi potranno essere citati dai cittadini (che oggi possono rivalersi contro lo stato, non contro il singolo magistrato).
Le sentenze di assoluzione di primo grado diventano inappellabili. I magistrati potranno disporre dell’autorità giudiziaria “secondo le modalità stabilite dalla legge”. Ci sono poi una serie di norme relative fra l’altro alla nomina di magistrati onorari e al potere ispettivo del ministro della Giustizia.
I principi contenuti nella legge non si applicano ai processi in corso.