Redditometro e scontrini: il contraddittorio con il Fisco

di Barbara Weisz

Pubblicato 9 Gennaio 2013
Aggiornato 22 Gennaio 2013 11:17

Ecco i coefficienti con cui il Fisco calcola la capacità di spesa del contribuente e i criteri per l'accertamento sintetico in fase di contraddittorio: tutti gli scontrini da conservare.

Il Redditometro prevede che il Fisco, in caso rilevi uno scostamento superiore al 20% fra tenore di vita e reddito dichiarato, convochi il contribuente per chiedere spiegazioni. E’ una fase importante perché – con o senza onere della prova (leggi l’ultima sentenza in materia) – permette di dimostrare la propria coerenza.

Conservare gli scontrini può quindi tornare utile durante il contraddittorio amichevole per dimostrare:

  • reale ammontare delle spese attribuite.
  • provenienza dei redditi usati per le spese “sospette” (es.: risparmi personali);
  • esclusione dei redditi dalla base imponibile (es: interessi sul capitale).
  • attribuzione delle spese a soggetti diversi dal contribuente.

=>Scopri come si applica il Redditometro da marzo 2013

Come si calcola il reddito

Come fa il Fisco a sapere come decine di milioni di contribuenti italiani spendono i loro soldi? In due modi: guardando le spese risultanti dai dati disponibili in anagrafe tributaria (mutuo, affitto, bollette di elettricità e gas, contributi colf, bollo auto, assicurazioni, pay-tv, contributi previdenziali, assegni al coniuge…) , e dalla spesa media ISTAT per tipologia di nucleo familiare di appartenenza (affitti figurativi, pasti fuori casa).

Le tabelle inserite nel decreto sul Redditometro, con 100 voci di spesa e con le 55 tipologie di nuclei familiari – indicano i coefficienti che si applicano nei vari casi per determinare induttivamente la capacità di spesa.

Per ulteriori voci, il Fisco incrocia i dati in Anagrafe Tributaria con le medie ISTAT (alimentari e bevande, abbigliamento, elettrodomestici e arredi, condominio, beni e servizi per la casa, medicinali e visite mediche, telefonia, tempo libero, libri e tasse scolastiche, gioielli). Inoltre, si possono anche utilizzare indagini e studi di settore.

Il decreto, all‘art. 1 comma 5, stabilisce che in presenza di spese su cui si incrociano media Istat, dati presenti in anagrafe, studi di settore, si considera l’ammontare più elevato mentre per gli investimenti conta l’incremento patrimoniale, eventualmente depurato di spese (mutuo, finanziamenti).

Ricordiamo che i dati a disposizione del Fisco in materia finanziaria sono molti, e crescono quest’anno con i nuovi obblighi di comunicazione da parte di banche e istituti finanziari sui conti correnti).

=>Scopri come funziona la comunicazione al Fisco sui conti correnti