L’Italia è uno dei paesi in cui la partecipazione femminile al mondo del lavoro è tradizionalmente più bassa, ma sul fronte stipendi siamo fra i più virtuosi d’Europa. Nella media europea, la differenza tra retribuzioni di donne e uomini è del 16,4%, in Italia è intorno al 7%. I dati sono di Eurostat, in base ai quali una risoluzione del Parlamento Europeo dell’8 ottobre 2015 chiede misure per l’uguaglianza di genere in termini di stipendio, proponendo sanzioni per le imprese che non applichino equità nei salari.
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Ma torniamo ai numeri. Ci sono solo due paesi, Francia e Olanda, in cui le norme in recepimento della Direttiva Europea 2006 sull’eguaglianza uomo-donna nel mondo del lavoro vengono definite, da specifico report europeo, «sufficientemente chiare e corrette». I paesi meno virtuosi, con differenze retributive che in tutti i casi superano il 20% sono Estonia (che sfiora il 30%), Austria, Repubblica Ceca, Germania. Quelli in cui, invece, il problema è meno evidente sono Slovenia (3,2%), Malta, Polonia e, udite udite, l’Italia. In questo caso, siamo in quarta posizione, ma il dato più sorprendente è quello relativo alla scomposizione del pay gap fra part-time e full-time. Ebbene, nel caso dei rapporti di lavoro a tempo pieno, il gender pay gap italiano è il più basso d’Europa, all’1,9% (seguono Malta e Belgio). Diverso il discorso se si guarda invece ai lavori part-time: qui, l’Italia scende diverse posizioni, con un gap intorno al 12% è a metà classifica.
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In generale, il gender pay gap è più basso fra i giovani mentre tende a crescere con l’età. Non a caso i numeri relativi al gender pension gap, cioè al differenziale sulle pensioni, sono ben più alti di quelli sugli stipendi: le pensione delle donne sono più basse del 38,5%.
gender pay gap