Imprese in crisi: quando chiudere l’attività ?

di Nicola Santangelo

Pubblicato 16 Febbraio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:41

L'equilibrio finanziario di un'impresa si ottiene nel momento in cui il complesso dei ricavi di competenza dell'esercizio risultano superiori al complesso dei costi relativi allo stesso periodo.

Si ottiene, quindi un risultato economico positivo che, depurato dalle imposte sul reddito, costituisce il compenso dell'imprenditore o dei soci.

In caso contrario sarà  generata un perdita che intaccherà  il patrimonio netto (o comunque il capitale sociale).

Tuttavia può capitare che alcune aziende pur generando un risultato economico positivo siano destinate alla chiusura. Affinché l'imprenditore abbia interesse a mantenere in vita un’azienda è necessario che:

  • il reddito generato sia in grado di compensare il proprio lavoro svolto nell'impresa: qualora l'imprenditore svolga attività  lavorativa all'interno dell'azienda, il reddito deve consentirgli un compenso, definito stipendio direzionale, commisurato al lavoro svolto;
  • il capitale investito: poiché l'imprenditore ha investito capitali è necessario che ne ricavi un interesse commisurato ai tassi di mercato, definito interesse di computo;
  • il grado di rischio assunto dall'imprenditore stesso: un soddisfacente profitto che vada al di sopra dei punti precedentemente indicati. E’ sicuramente il fattore più importante poiché la sua assenza determinerebbe lo svantaggio nel gestire l'azienda qualunque fosse il risultato generato dai punti precedenti (a conti fatti l'imprenditore potrebbe investire i propri capitali e svolgere la propria attività  come dipendente presso terzi).

La somma dello stipendio direzionale e degli interessi di computo dà  origine agli oneri figurativi così denominati in quanto incidono figurativamente sul reddito d'impresa.