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Competence center: innovazione a portata di PMI

di Barbara Weisz

9 Marzo 2021 13:03

Additive manufacturing, digital factory, reskill, academy: i competence center al servizio delle PMI, intervista a Luca Iuliano (CIM 4.0).

La digitalizzazione delle imprese è al centro delle politiche per la rinascita post-pandemia, è inserita fra i capitoli del Recovery Plan, ed è oggetto di incentivi 4.0 prorogati dalla Legge di Bilancio 2021. Le PMI hanno però bisogno di un ecosistema che le aiuti a fare scelte adeguate, e a questa esigenza delle imprese di piccola e media dimensione vanno incontro i competence center. I quali, sottolinea Luca Iuliano, presidente del competence center di Torino CIM4.0, «fanno effettivamente rete, collaborando fra loro anche in fase di formazione e coaching. Una grande impresa ha spesso mezzi e strumenti per fare tutto internamente. I piccoli, invece, hanno bisogno di realtà esterne che consentano di fare testing, analisi progettuale, accompagnamento per la fase che dal prototipo arriva al lancio sul mercato (tecnicamente, dal TRL5 sino al TRL9), formazione».

I competence center del Piano Industria 4.0 selezionati con apposito bando nel 201, sono otto sul territorio nazionale (Torino, Milano, Bologna, Pisa, Padova, Napoli, Genova, Roma), e fanno capo a università e centri di ricerca. Nell’ambito del Piano Transizione 4.0 hanno la mission di supportare le imprese nel processo di digitalizzazione, avvicinando il mondo imprenditoriale, quello della ricerca, l’accademia.

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A Torino, il Competence Industry Manufacturing 4.0 (CIM4.0), primo classificato fra gli otto selezionati dal bando ministeriale che ha creato questi centri di trasferimento tecnologico, ha un’attività che si sviluppa introno a tre pillar: le linee pilota, la formazione continua e i progetti di ricerca applicata. «Siamo operativi da poco più di un anno e mezzo, e nonostante la pandemia le attività proseguono regolarmente, sia in remoto sia in presenza», sottolinea Iuliano, intervistato da PMI.it.

«Il nostro competence center ha due specializzazioni: additive manufacturing ovvero stampa 3d, e trasferimento tecnologico (digital factory). Questa secondo linea è rivolta soprattutto alle PMI. La linea sull’additive manufacturing è completa, abbiamo fatto acquisti e installazioni, e dopo la metà di marzo saremmo attivi. Quella sulla digitalizzazione è più snella. Infine, lo scorso anno abbiano realizzato anche una linea per la produzione di mascherine, che non era prevista inizialmente».

Aiuta le imprese a studiare e migliorare la produzione, e serve a testare nuovi tessuti. In secondo luogo, «abbiamo il pillar della formazione, con iniziative di coaching e l’Academy. Su questo fronte, registriamo parecchie soddisfazioni: in questo anno di pandemia abbiamo organizzato molti webinar, con 2500 persone, che testimoniano l’interesse per le tematiche di industria 4.0. Per quanto riguarda la CIM4.0 Academy, la prima classe avviata è composta da 24 iscritti, tutti manager orientati alla trasformazione digitale, e si sta concludendo. Obiettivi, il reskill dei lavoratori in azienda, soprattutto nelle PMI che necessitano di accrescere le competenze. E il reskill di chi perde il lavoro, per formarsi e tornare a inserirsi». Infine, i progetti di ricerca, che attraverso i finanziamenti pubblici realizzano bandi su progetti di innovazione tecnologica. «Avevamo 3 mln di euro da spendere, abbiamo fatto due bandi: il primo per le micro imprese. In entrambi i casi, le richieste, arrivate da tutta Italia, sono state più numerose dei fondi. Per il secondo bando, avevamo 2,5 milioni di euro, e su 100 richieste siamo riusciti a finanziare 17 progetti».

Partiamo dall’additive manufacturing, una tecnologia che «sembra più di interesse delle aziende big», mentre invece «è alla portata di tutti. Anche una piccola imprese può lavorarci, e deve sapere che esistono i competence center, che la supporta e colma il gap di scarsa conoscenza sulla tecnologia. Noi abbiamo impianti di ultima generazione», che consentono appunto all’impresa di lavorare sul prototipo (TRL5) e arrivare al lancio competitivo sui mercati, consolidati o emergenti. «Abbiamo quattro macchine, tre a letto di polvere, di cui una a quattro laser (il top del mercato), e una destinata alla riparazione dei componenti». Che cosa fa questa linea: «supponiamo che una PMI voglia esplorare il mondo additive. Dovrebbe acquistare macchinari, formare il personale, e mettersi sul mercato». In soldoni, significa fare un investimento da 1 milione di euro. «Noi, come competence center, individuiamo il bisogno dell’azienda, che poi fa la sperimentazione sulla nostra linea. A quel punto, è in grado di capire se e come il prodotto possa essere realizzato. E di conseguenza, decide se investire, acquistare una macchina, assumere personale, formarlo. Può scegliere se portarsi la tecnologia in casa, oppure rivolgersi a società di servizi». Anche su questo fronte, il competence center offre consulenza.

Altro tema, la produzione di mascherine. La linea è stata usata durante la prima fase della pandemia, quando c’è stata l’emergenza mascherine. Ora questo problema di forniture urgenti non c’è più, ma si è creato un mercato. «Ci sono aziende che vogliono convertire o aggiungere questa produzione. E la linea consente di fare sperimentazione sia sui macchinari, sia sui tessuti». Su quest’ultimo fronte ci sono ricerche interessanti, per esempio per sperimentare tessuti che bisogna indossare per molte ore in ambienti di lavoro, e capire se e come introdurli nei processi produttivi. «Abbiamo fatto ecosistema alla fonte, anche con il Politencico di Torino, trovando sul mercato i fornitori delle materie prime. Quindi, sono state coinvolte aziende, anche PMI, che sono entrate in questa catena del valore».

I progetti finanziati con i due bandi non hanno coinvolto solo il competence center, ma anche l’ateneo, e la grande impresa. Esempio: una PMI ha un’idea da sviluppare e grazie al finanziamento e al competence center coinvolge la grande impresa sullo sviluppo di un prodotto. Quali le tecnologie e che il competence center offre alle PMI? «La linea digital copre tutte le tematiche sull’industrializzazione della fabbrica: realtà virtuale, realtà aumentata, manutenzione predittiva». Una grande azienda può essere interessate all’intera linea, una PMI può invece esplorare i settori di maggior interesse, dedicandosi a un aspetto specifico (manutenzione, robotica, sensorizzazione)». Per quanto riguarda i settori, l’additive manufacturing è di interesse per aerospazio, auto, biomedicale. Mentre la linea digitale interessa tutto il manifatturiero.

La formazione è strettamente legata alle attività di ricerca e sperimentazione e ai progetti. «Se un’azienda vuole investire in robotica collaborativa, utilizzerà la linea e farà formazione per il personale collegato».

Infine, il ruolo delle istituzioni. Come detto, nel Recovery Plan una delle sei missioni è dedicata alla digitalizzazione e all’innovazione, anche con attenzione alle PMI. E ci sono già gli incentivi Transizione 4.0, credito d’imposta su acquisto

macchinari, software, competenze, ricerca. Qui, segnala Iuliano, c’è stata un’asimmetria iniziale. Gli incentivi 4.0, che inizialmente erano il superammortamento e l’iperammortamento, ci sono ormai da quattro anni, mentre i competence center sono attivi da meno di due anni. Quindi, le imprese che hanno investito negli anni scorsi, «spesso sono venute da noi al PoliTO per capire come usare le tecnologie che avevano acquistato. Adesso che i competence center sono pienamente operativi, è corretto prorogare gli incentivi», perchè le imprese hanno uno strumento in più per prendere le decisioni adeguate.

Altra richiesta, «rifinanziare i nostri bandi. Abbiamo dimostrato di essere in grado di farli, ma i soldi sono finiti. Abbiamo strutture ben rodate, sia per micro imprese, sia per le PMI e le grandi imprese». E sono più veloci di analoghe iniziative pubbliche: «un bando in genere sta aperto per un mese, poi ne passano altri due per la valutazione e l’assegnazione. In tutto, dal lancio all’assegnazione dei fondi (che coprono il 50% dei costi di un progetto), passano tre mesi e mezzo. Un bando ministeriale può impiegarci anche due anni».

Nel dettaglio, CIM4.0 ha finanziato 33 progetti innovativi e 54 aziende di cui 44 piemontesi nei settori della meccatronica, dei sistemi per la manifattura e dell’informativa. Ha vinto un bando nazionale per un progetto sulla sicurezza ed ergonomia del posto di lavoro e un bando europeo sul tema del risparmio energetico nella manifattura. Nel 2020 ha anche coordinato, coinvolgendo tutti gli attori del territorio, il progetto EXPAND (Extended Piedmont and Aosta Valley Network for Digitalization) preselezionato dal MISE per il Bando che definirà gli European Digital Innovation Hub.