In attesa dell’entrata in vigore in Italia il prossimo agosto della norma che prevede l’obbligo per le società quotate in borsa di riservare almeno un terzo dei posti del consiglio direttivo agli amministratori donna (1/5 in sede di primo mandato) una ricerca Cerved Group-Manageritalia fa il punto sulla presenza femminile al vertice delle imprese italiane.
L’indagine mette in luce come nelle aziende con un fatturato maggiore di 10 milioni di euro e un cda di almeno 2 elementi solo in 105, cioè lo 0,5% del totale, il board è costituito interamente da donne mentre nel 53,3% dei casi l’organismo dirigente è completamente al maschile.
Delle imprese a guida unicamente femminile, la maggioranza si trova in Lombardia (37) e in Emilia Romagna (13). Tra i settori, prevalgono distribuzione (23), servizi (15), mezzi di trasporto (14) e sistema moda (11).
Nel 2011 il numero di amministratori donna nelle aziende con fatturato superiore a 10 milioni di euro è pari a 15.546 su 109.000 consiglieri cda. Inoltre, nelle 19.000 aziende che hanno sempre superato i 10 milioni di fatturato nel periodo 2008- 2011, la percentuale di donne è passata dal 13,7% della fine del 2008 al 14,5% del 2011. Dati che evidenziano un avanzamento millimetrico delle quote rosa nella direzione aziendale.
Tuttavia, relativamente alle cariche di top executive, quelle che riguardano la responsabilità operativa dell’impresa, la presenza delle donne è sostanzialmente stabile, pari a circa il 9% del totale dei vertici.
Secondo Alessandra Romanò, direttore operativo Databank di Cerved Group, “al crescere del peso femminile nei consigli di amministrazione, aumenta la presenza di dirigenti donne e, se almeno il 30% del board è costituito da donne, tale aumento delle dirigenti è significativamente maggiore”.
La parità ai vertici sul lavoro è però ancora un traguardo distante, malgrado una realtà in progressivo mutamento. Per Marisa Montegiove, vicepresidente ManagerItalia, appare “chiaro che le donne, una volta arrivate al vertice, non riescano a favorire la presenza delle colleghe tra le manager; c’è una chiara incapacità di incidere sulla cultura imperante nelle stanze dei bottoni. E questo è un problema per il Paese e per il suo sviluppo economico e sociale”.