Riflettori di tutto il mondo puntati sui mercati valutari. Questa notte, in Asia, il dollaro ha toccato i minimi da 15 anni contro lo yen giapponese, che ha sfiorato un picco massimo da 9 anni sull’euro. La borsa nipponica ne ha immediatamente risentito, chiudendo con un ribasso superiore al 2%, dopo aver infranto al ribasso, nel corso della seduta, l’importante soglia psicologica dei novemila punti, nel momento in cui la valuta del Sol Levante segnava i massimi su quella a stelle e strisce.
E ora tutti si chiedono quali saranno, e soprattutto se ci saranno, le mosse dell’autorità giapponesi, anche se in realtà sarebbero state, fra l’altro, proprio le parole del governatore della Banca centrale giapponese, Masaaki Shirakawa, apparso nuovamente riluttante all’ipotesi di intervenire sul mercato, a spingere al rialzo le quotazioni.
Tutto questo ha notevoli sull’azionario, non a caso gli indici di Tokyo hanno chiuso in pesante ribasso (Nikkey -2,18%) visto che le aziende giapponesi, fortemente orientate sull’export, non hanno nulla da guadagnare da un eccessivo apprezzamento della valuta. Per contro, all’export americano non fa male la debolezza del biglietto verde, e analogo discorso vale per la moneta unica europea, ma i vantaggi di un eccessiva forza dello yen, e per contro di una forte debolezza delle altre valute, a partire da euro e dollaro, finiscono qui.
La situazione è sintetizzata da un trader americano: «l’euro appare ancora precario. Il dollaro è debole in vista delle elezioni di medio termine. Ciò lascia lo yen come unica moneta da acquistare».
Nel dettaglio, il dollaro ha toccato il minimo dal maggio del 1995, a 83,34 yen, dopo che già ieri sera a New York era sceso a 83,80. L’euro è sceso a 105,77. Un piccolo spiraglio è stato aperto dal ministro delle Finanze giapponese, Yoshihiko Noda, il quale ha dichirato «faremo passi decisivi, che naturalmente possono includere un intervento, quando sarà necessario». Ma un po’ in tutto il mondo trader e analisti restano convinti che un’eventuale operazione non sia probabile.
Comunque sia, vale la pena di sottolineare quanto il mercato valutario si sia rafforzato negli ultimi anni. Secondo la Bri, la banca dei regolamenti internazionali, sul valutario mondiale ogni giogno vengono scambiati circa 4mila miliardi di dollari. La cifra è più che triplicata rispetto al miliardo e mezzo di dollari del 2001. Per fare qualche paragone, significa 10 volte il valore degli scambi giornalieri sui listini azionari. Oppure si può dire che quattro giorni di trading sul valutario muovono l’equivalente di un intero anno di commercio mondiale (15,7 miliardi di dollari nel 2008 secondo il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio).
Il mercato valutario si avvantaggia di una serie di fattori come la debolezza degli ultimi anni dell’azionario, la cui volatilità spinge gli investitori verso altri tipi di deal, o lo sviluppo del commercio internazionale (+12% fra il 2000 e il 2008).
Il rovescio della medaglia, e la situazione di questi giorni lo dimostra, è rappresentato dalla sempre maggior difficoltà per gli stati di far leva sulla politica monetaria. Le dimensioni del mercato sono tali per cui gli interventi delle banche centrali faticano ad essere efficaci. Fra l’altro, quest’anno per la prima volta le transazioni sul Forex fatte da istituzioni finanziarie non bancarie sono state più numerose di quelle da banca a banca.