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Negozi aperti e chiusi: dubbi e nuovi chiarimenti

di Barbara Weisz

Pubblicato 13 Marzo 2020
Aggiornato 28 Settembre 2020 10:18

Sulla chiusura forzata o meno degli esercizi commerciali restano numerosi dubbi interpretativi, a partire dalle attività promiscue: i casi particolari.

Ci sono una serie di dubbi interpretativi e punti da chiarire nelle nuove regole sull’emergenza Coronavirus contenute nel decreto 11 marzo, che prevede la chiusura delle attività commerciali considerate non di prima necessità. Si attendono precisazioni da parte del Governo, nel frattempo vediamo quali sono le principali criticità e le prime indicazioni operative fornite dalle associazioni di categoria.

Una prima considerazione da fare è la seguente: bisogna sempre controllare quali sono le disposizioni specifiche che vengono date dalle diverse amministrazioni locali, perché possono impattare sulla regola generale prevista dal decreto 11 marzo sul coronavirus.

Agenzie di viaggio

Ci sono poi perplessità relative a particolari attività, per esempio le agenzie di viaggio. Non sono comprese fra gli esercizi che possono restare aperti, per cui si deve ritenere che debbano chiudere. In realtà, in quanto attività professionali, possono lavorare ma evidentemente sospendendo l’apertura al pubblico. Confesercenti annuncia che verrà rivolto quesito al Dipartimento della Protezione civile.

Riparazioni

Sulle prestazioni artigianali non c’è alcun divieto. Sono consentite anche opere di ristrutturazione, né ci sono paletti per le attività edilizie.

Ci sono però da rispettare tutti i requisiti di sicurezza. E vale per tutti la regola di limitare queste prestazioni solo se si considerano «indispensabili e non prorogabili» (le imprese sono chiamate a chiudere le attività dei reparti non indispensabili alla produzione).

Mercati

Ad esempio, per quanto riguarda i mercati, il Dpcm prevede che siano chiusi, con l’eccezione delle attività di vendita alimentare. Sempre nel rispetto della regole di sicurezza che impone un metro di distanza fra le persone. Confeserecenti segnala che ci sono ordinanze di sindaci che chiudono comunque i mercati per l’impossibilità di far rispettare tali norme di sicurezza.

Mezzi pubblici

Una considerazione importante a questo proposito riguarda i mezzi pubblici: il decreto del Governo non ne ferma l’attività. Ma bisogna controllare sempre cosa ha deciso in merito l’amministrazione locale, che può ad esempio stabilire una riduzione del servizio.

Lo stesso discorso riguarda il trasporto ferroviario nazionale. Le compagnie aeree, come è noto, da giorni stanno riducendo il traffico quindi chi parte e chi deve tornare a casa deve sempre controllare con attenzione la situazione.

Ricordiamo che gli spostamenti sono fortemente limitati del Dpcm 11 marzo; per cui per prendere un treno o un aereo ci vogliono necessariamente i comprovati motivi dettagliati nel decreto, che vanno certificati (anche con autodichiarazione, che però deve essere veritiera). Stesse regole non solo per spostarsi da una città all’altra ma anche all’interno del proprio comune. Chi deve prendere un mezzo di lunga percorrenza certamente sarà tenuto a presentare l’autocertificazione.

Grandi magazzini e centri commerciali

Altro punto sollevato riguarda le strutture della grande distribuzione che vendono sia prodotti alimentari e di prima necessità compresi fra quelli consentiti dalle nuove norme, sia prodotti che invece i negozi di vicinato non possono più vendere. Non è chiaro quali sono le regole da applicare in questo senso.

=> Imprese: chiusura reparti non necessari

E’ certo che supermercati e ipermercati possano tenere aperti nel fine settimana, perché la precedente disposizione (che lo consentiva solo nel caso di vendita di generi alimentari) deve considerarsi superata dal nuovo decreto, il quale contiene un elenco più lungo di attività commerciali possibili.

Il punto è che manca un elenco preciso di prodotti che si possono o non possono vendere (ci sono indicazioni relative alle categorie di prodotti, senza particolari). E soprattutto, non è chiaro se i supermercati debbano togliere dagli scaffali i prodotti non compresi nelle categorie non considerate di prima necessità o meno. Anche qui, Confesercenti sottolinea che restano «dubbi consistenti sulle attività miste alimentari/non alimentari».

Bar tabacchi

Il dubbio potrebbe riguarda anche altre attività promiscue: caso classico, una tabaccheria che ha anche il bar. In questo caso, la risposta sembra più facile: interpretando letteralmente la norma, si può pensare che l’attività possa rimanere aperta limitatamente alla vendita di sigarette, mentre debba chiudere il bar.

Mense e ricoveri

Un’altra attività consentita, è quella delle associazioni di volontariato che somministrano pasti alle fasce deboli della popolazione. «È comunque opportuno – segnala il Governo -, che tali attività vengano sottoposte a coordinamento da parte dei servizi sociali pubblici territoriali».

Possono proseguire l’attività anche i centri diurni di aiuto per persone con difficoltà, gli empori sociali, i centri polivalenti per anziani. In pratica, si legge sempre nelle FAQ del Governo, restano aperti i centri «che assicurano servizi strumentali al diritto alla salute o altri diritti fondamentali della persona (alimentazione, igiene, accesso a prestazioni specialistiche). Devono comunque garantire condizioni strutturali e organizzative che consentano il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro».

=> Coronavirus: regole per aziende, settore per settore

Consegne a domicilio

Come è noto, i bar e i ristoranti restano chiusi, «resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio». Non è chiaro quale attività possa effettivamente farlo. Confesercenti segnala: «il DPCM non si esprime sulla vendita per asporto dei propri prodotti da parte degli artigiani, in pizzerie al taglio, rosticcerie, friggitorie. D’altra parte vengono menzionate tra gli esercizi vietati le gelaterie e le pasticcerie, senza fare riferimento alla qualifica di pubblico esercizio o attività artigiana, per cui pare potersi interpretare che il divieto coinvolga anche tali attività». In ogni caso, per le vendite da asporto, devono essere rispettate tutte le norme sanitarie per il confezionamento e per il trasporto.

 

Infine, una considerazione generale: si può ritenere che nel momento in cui un’attività commerciale non è espressamente inserite fra quelle consentite allora deve chiudere. Anche se non c’è specifico divieto. Il testo del resto parla chiaro: sono sospese le attività commerciali al dettaglio, i servizi di ristorazione, i servizi alla persona. Con le sole eccezioni esplicitamente previste.