Emendamento D’Alia e ddl Carlucci: paure in rete

di Lorenzo Gennari

19 Febbraio 2009 16:00

Da quasi un mese si è scatenato in rete l'allarme per il controverso emendamento presentato dal Presidente del Gruppo Udc al Senato Giampero D'Alia. A questo si aggiunge il ddl 2195 del deputato Gabriella Carlucci contro l'anonimato in rete

Il senatore Giampiero D’Alia, ha precisato i termini di intervento del suo emendamento ritenendo che l’articolo 50 bis, introdotto all’interno del pacchetto Sicurezza, non farà chiudere nessun social network. D’Alia ha inoltre invitato a far pervenire proposte che prevedano soluzioni tecniche migliori di quelle previste dall’emendamento.

L’invito, più che raccolto, è stato anticipato da un ulteriore emendamento all’emendamento D’Alia, presentato dal parlamentare Roberto Cassinelli, già protagonista di una revisione del ddl Levi cosiddetto “ammazzablog”.

L’intento di Cassinelli è quello di coniugare la “censura” verso l’istigazione online a delinquere con la libertà di espressione. Gli umori in rete però sono tutt’altro che rassicurati anche perchè, proprio in questi giorni, l’onorevole Gabriella Carlucci ha presentato un ddl volto a impedire l’anonimato in rete.

Ancora non è chiaro se saranno banditi i nickname, che hanno fatto la storia dei luoghi di discussione virtuale di Internet. Il primo comma del ddl, infatti, si ferma al “divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima”, senza specificare se per “forma anonima” s’intenda un nome non direttamente associabile ad un’identità reale.

Intanto su Facebook è sparito il gruppo dei “fan dello stupro” e, al suo posto sono nati “Trucidiamo il creatore di stupro di gruppo” (2.719 iscritti) e “Via da Facebook la pagina fan di stupro di gruppo” (4.121 iscritti). Gli amministratori di Facebook hanno infatti dato il via libera alle richieste di censura.

In Senato, ad accorgersi di Facebook e dei suoi contenuti devianti era stato anche il presidente del Senato Renato Schifani, che aveva dichiarato: «I gruppi spuntati su Facebook di sostegno alla mafia, o che incitano all’aggressione alle donne, sono fenomeni che meritano l’attenzione del governo. Ci attiveremo».

Anche Alessio D’Amato, consigliere regionale del Lazio, aveva detto la sua ritenendo paradossale che i gestori di Facebook avessero immediatamente oscurato “foto di mamme che allattano, ma non le incitazioni alla violenza nei confronti delle donne e dei bambini”.