Ddl Levi, blog “ammazzati” o “salvati”?

di Lorenzo Gennari

20 Novembre 2008 17:00

Le polemiche per il progetto di legge cosidetto "ammazza blog" hanno favorito iniziative di revisione delle leggi che riguardano l'editoria, con l'obiettivo di rielaborare il ddl Levi affinchè vengano effettuati alcuni decisivi distinguo

Roberto Cassinelli (Pdl), membro della commissione Giustizia della Camera, ha presentato una proposta volta alla correzione della normativa esistente per liberare, scrive, «blog, social network e community dai lacci e lacciuoli stabiliti dalla legge per i prodotti editoriali»”.

In particolare Cassinelli prende di mira la legge 62 del 2001, contestata a suo tempo da più di 53mila utenti Internet, che firmarono una petizione per chiederne l’abolizione.

Di fatto c’è stata già una marcia indietro da parte del deputato Ricardo Levi, autore del ddl che porta il suo nome. Con una nota pubblicata sul sito del Partito Democratico, Levi ha infatti dichiarato: «Sul progetto allora elaborato e che sto ora riproponendo al Parlamento, si stanno manifestando tra gli utenti di internet diffuse preoccupazioni. Si teme, in particolare, che vengano introdotte regole che limitino la semplicità dell?accesso alla rete e la libertà d?espressione che essa naturalmente permette. Si tratta di paure totalmente infondate. Ciononostante – continua Levi – penso che si possa serenamente convenire sull?utilità di un pausa di riflessione».

Nella proposta di Cassinelli (comma 2 dell’articolo 2) la più importante novità rispetto tanto alla legge sull’editoria quanto al ddl Levi sarebbe quella che esclude dagli obblighi altrimenti previsti, i prodotti editoriali pubblicati sulla rete internet che abbiano quale scopo unico: la pubblicazione o la diffusione di idee ed opinioni proprie e personali o di informazioni autobiografiche; di informazioni relative alla propria natura ed alla propria attività di società, associazione, circolo, fondazione, partito politico, istituzione, ente pubblico o persona che ricopra cariche in tale ambito; l’aggregazione, in forma automatica, di notizie ed informazioni contenute in altre pagine; la creazione di momenti di discussione e dibattito su temi specifici; l’aggregazione di utenti terzi in una comunità virtuale.

Sollievo tra gli utenti della rete, anche se negli ultimi giorni l’opinione di diversi esperti in materia di diritto delle nuove tecnologie aveva già tranquillizzato i più: non sarebbe stato sufficiente un semplice banner pubblicitario per identificare un blog come “organizzazione imprenditoriale” e richiedere quindi l’iscrizione a un registro pubblico.

Il ddl Levi non avrebbe avuto effetti sulla grande maggioranza dei blogger, riferendosi quindi solo a quelle realtà editoriali online che generano profitti significativi e sarebbero state equiparate agli altri organi di stampa.