Trasformare la Pubblica Amministrazione: una sfida epocale

di Anna Fabi

3 Aprile 2014 12:40

Una nuova classe dirigenziale e nuovi modelli di management a tutti i livelli della PA per vincere le sfide del cambiamento in atto: analisi di Paolo Marizza* (Financial Innovations).

Quali sono le sfide che la Pubblica Amministrazione dovrà affrontare per gestire efficacemente gli sforzi di trasformazione delle riforme in cantiere? Come evolvere dal “fare di più con le risorse a disposizione” al “fare meglio con meno risorse a disposizione” ? E soprattutto come sostenere un processo di innovazione che richiede di “fare diversamente”, mettendo al centro i bisogni del cittadino?

Le recenti dichiarazioni di Governo e parti sociali in merito alla cosiddetta “staffetta generazionale”, denunciano l’ormai ricorrente stato confusionale che si verifica ogni qualvolta si tenta di proporre soluzioni interessanti, con obiettivi socialmente ed economicamente rilevanti e condivisibili e che vanno nella direzione del cambiamento dello status quo. Certo la sfida è epocale. I “vecchi modi” di gestione cosa e servizi pubblici dovrebbero semplicemente essere trasformati in un nuovo ambiente di lavoro stimolante, passando da una prospettiva basata sull’occupazione di risorse ad una basata sulle necessità del cliente/cittadino e sulle caratteristiche dei lavoratori dell’era digitale.

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Quanti milioni di cittadini/lavoratori sono stati esposti a processi di trasformazione aziendale che hanno introdotto i concetti di qualità/efficienza sul posto di lavoro? Si può ragionevolmente verificare che la maggioranza dei lavoratori di oggi operano – in diverse modalità e forme – con strumenti e metodi basati sulle nuove tecnologie dell’informazione (ICT). Pertanto, è ragionevole assumere che i cittadini/elettori si aspettino che tali pratiche di lavoro vengano applicate anche all’ operatività della Pubblica Amministrazione.

Le sfide

Il settore pubblico e la sua dirigenza a tutti i livelli sono quindi chiamati a focalizzarsi su “che cosa i clienti/cittadini hanno bisogno” e “con quale qualità/costo fornirlo”, in contrapposizione al tradizionale “cosa possiamo fare con quello che abbiamo”. Le resistenze al cambiamento sembrano ignorare gli effetti e le potenzialità che l’innovazione nei modelli di management e delle tecnologie digitali hanno già dispiegato nel settore privato. L ‘efficienza che portano, contiene i semi di una trasformazione che ridurrebbe drasticamente la burocrazia, espanderebbe la libertà di accesso e fruizione dei servizi e  riqualificherebbe, restringendola, l’ estensione degli ambiti di attività ed il ruolo delle amministrazioni pubbliche.

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Ma allora perché di fronte ai vantaggi sistemici di un tale rinnovamento (strutture efficienti e processi cost effective  in grado di ridurre lacune informative e inutili duplicazioni di attività, maggiore connettività tra le risorse esistenti, riduzione della complessità, miglioramento della qualità e della gamma dei servizi offerti, gestione pubblica più responsabile, misurabile, trasparente) non si inizia con determinazione un percorso virtuoso? Perché cambiare nella sfera del pubblico è più difficile che cambiare nella sfera privata.

Gestire il cambiamento

Si tratta di gestire un passaggio da “era industriale dello Stato” a “era del governo post industriale”, un passaggio che parte significativa del settore privato ha già affrontato e sta affrontando, dovendosi misurare  con un contesto ambientale e competitivo globale. Le difficoltà per la Pubblica Amministrazione non sono riconducibili solo agli impatti, pur decisivi, del cambiamento sulla sfera “politica” (government) : esse derivano almeno in egual misura dalle resistenze poste dal livello “manageriale” (governance), dalla stratificazione normativa e dalla cristallizzazione di prassi, sistemi operativo procedurali, sistemi retributivi farraginosi ed obsoleti e comportamenti che con la burocrazia in senso weberiano non hanno nulla a che fare.

Nel settore privato l’impatto delle inefficienze specifiche (aziendali) e sistemiche si misurano in termini di fallimenti e licenziamenti. Nel settore pubblico si scaricano sull’aumento del debito pubblico e si misurano con l’arretramento del Paese in quasi tutte le graduatorie internazionali (attrattività per gli investitori, ecc.), con tutto ciò che ne consegue (dalla fiscalità alla qualità dei servizi pubblici).

La domanda che viene da cittadini e imprese oggi non riguarda solo migliori e più efficienti servizi, ma anche un settore pubblico che nella sua configurazione istituzionale, strutturale e nella sua leadership sia più veloce, più economico e più responsabile.  Queste esigenze e maggiori spinte al cambiamento rischiano di trovare impreparato il management del settore pubblico che dovrà affrontare una serie di importanti sfide: creare una cultura che metta al centro il cittadino, incoraggiare il pensiero innovativo , premiare il comportamento imprenditoriale, favorire lo sviluppo di un ambiente di lavoro ad alte prestazioni, rimuovendo allo stesso tempo i tradizionali ostacoli che caratterizzano le organizzazioni burocratiche.

Le riforme

Le riforme non si realizzano per editti né la trasformazione avviene facilmente o rapidamente. I dirigenti del settore pubblico devono trovare modalità gestionali ed operative adeguate all’ altezza delle sfide. Tutte le promesse e gli obiettivi delle riforme, rischieranno di essere vanificati o non sostenibili e gli sforzi di trasformazione non avranno l’esito sperato fino a che sistemi di gestione, strutture e processi, in particolare nel settore delle risorse umane, non saranno riallineati ai nuovi obiettivi. E una delle più grandi sfide potrebbe essere quella di inserire e formare le risorse umane.

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Da tempo e  da più parti viene indicato che un governo più manageriale della cosa pubblica è necessario per rendere effettiva la realizzazione delle riforme in cantiere. Ciò significa promuovere lo sviluppo di una nuova classe manageriale e nuovi modelli di management a tutti i livelli della pubblica amministrazione.

Questi leader dovranno affrontare con successo le sfide della trasformazione, cioè trasmettere un senso di urgenza, creare un progetto di cambiamento per realizzare le riforme, motivare e responsabilizzare i collaboratori e celebrare, dare visibilità  e riconoscimento ai risultati conseguiti. “Rottamare” parte della classe politica è sicuramente utile, ma non basta. Il nuovo che avanza deve avere la consapevolezza delle sfide da affrontare, le competenze tecniche e la dimensione etica per segnare la discontinuità che fa nascere il cambiamento. Ce la farà? Non possiamo saperlo, ma merita metterlo alla prova, dargli una possibilità provando a crederci.  Sempre meglio che confondersi con i pezzi di Paese refrattari ad ogni cambiamento.

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* Paolo Marizza è Partner di Financial Innovations, società specializzata nella consulenza sui temi di finanza e risk management alle Imprese ed alle Istituzioni Finanziarie.