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Riforma Contratti: rivalutazione salari per la produttività

di Barbara Weisz

Pubblicato 17 Settembre 2012
Aggiornato 18 Maggio 2015 15:59

Lavoro, verso la riforma dei contratti e dei salari per incrementare la produttività: le misure al vaglio del Governo d'intesa con le parti sociali.

Produttività e stipendi: ecco i due cardini delle riforme al vaglio per poter applicare gli accordi del 28 giugno 2011 sui contratti in Italia: obiettivo, un contratto nazionale più leggero e una contrattazione di secondo livello potenziata.

La riforma del meccanismo di rivalutazione salari sostituendo l’obsoleta IPCA – inflazione “leggera”, base di calcolo per gli aumenti contrattuali in sede di rinnovo – con un sistema di incrementi legati alla produttività sembra la risposta più immediata.

Nelle PMI, tuttavia, una contrattazione aziendale non esiste e gli aumenti in busta paga sono legati agli scatti previsti dai contratti nazionali. Per affrontare tali difficoltà tecniche, dunque, sindacati (Cgil, Cils e Uil) e imprese (Confindustria, Rete Imprese Italia, ABI) hanno in agenda una serie di incontri preparatori per mettere a punto ipotesi di lavoro percorribili.

L’accordo su salari e produttività dovrebbe arrivare entro il 19 ottobre, data del Consiglio Europeo. Se ne è parlato nel primo round di colloqui fra Esecutivo e parti sociali (con le imprese e con i sindacati).

Mettendo da parte le polemiche su referendum e possibili cambiamenti all’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, anche Elsa Fornero, ha confermato che i tecnici del Ministero sono al lavoro su rivalutazione  stipendi, salari di produttività, sistema delle relazioni sindacali e contrattazione di secondo livello.

Sullo sfondo, i numeri sulla produttività del lavoro in Italia, la più bassa del G8 (40 anni fa era la più alta): il CLUP (Costo del Lavoro per Unità di Prodotto) nell’ultimo decennio rispetto alla Germania è aumentato del 35% perdendo un terzo della loro competitività).

Nel mirino, dunque, proprio la dinamica delle retribuzioni: in paesi come Gran Bretagna e Germania, la curva dei salari traccia un grafico a U, con il picco intorno a 35-40 anni, mentre in Italia, il grafico è una retta che sale con l’anzianità di servizio.

In questo scenario vale la consueta riflessione: la crisi dei consumi suggerisce prudenza nel tagliare i redditi togliendo potere d’acquisto alle famiglie in un momento in cui servono ricette espansive. Altro elemento essenziale de dibattito, infine, dovrà essere lo snellimento della leva fiscale sul costo del lavoro.