Smart working e welfare: un investimento nel capitale umano

di Alessandra Gualtieri

11 Novembre 2019 11:05

Come cambia il mondo del lavoro: dal Code4Future, intervista al Welfare specialist Luca Furfaro e al CEO di Beneficy, Gianluca Moretto.

Al Code4Future 2019, prima edizione del festival dell’innovazione, anche applicata al mondo delle imprese, in un’ottica di crescita sostenibile dell’economia, PMI.it – media partner della due giorni organizzata da HTML.it (gruppo Triboo) – ha seguito – tra i numerosi interventi e momenti formativi – l’interessante tavola rotonda dedicata alle dinamiche evolutive che stanno attraversando il mondo del lavoro, dal punto di vista tecnologico e organizzativo, intervistando a margine della round table il Welfare specialist e Consulente del lavoro Luca Furfaro ed il visionario CEO della startup innovativa Beneficy, Gianluca Moretto.

Un mondo che cambia

Il primo aspetto chiave emerso è che il quadro normativo e le soluzioni tecnologiche sono ormai a buon punto, mentre il tassello su cui si deve ancora lavorare è quello culturale, che si fonda sulla fiducia (bidirezionale) tra azienda e risorse umane (in primis in ottica di talent retention) e che si esprime in un approccio organizzativo più flessibile, meno legato alla temporizzazione delle attività e più focalizzato sul risultato.

Come lo ha definito Enrico Martines, Direttore Sviluppo e Innovazione Sociale in Hewlett Packard Enterprise, nel corso della tavola rotonda, un modello ispirato a quello della Holacracy, che impatta tanto sulla organizzazione aziendale quanto sul processo decisionale, in cui si lavora per task con piena autonomia e responsabilità.

Uno scenario fortemente dinamico, in cui l’innovazione tecnologica interviene con sempre maggiore frequenza e con risvolti che ad oggi possiamo soltanto immaginare, come la blockchain applicata alla gig economy, come ha spiegato alla vasta platea in sala Enrico Ferro, Direttore dell’Osservatorio Blockchain Innovation c/o LINKS Foundation.

Il lavoro oggi e domani

Sopra e fuori dal palco, Luca Furfaro ha innanzitutto tracciato la fotografia dello smart working e della gig economy, che dal punto di vista normativo sono oggi previste e quindi attuabili in Italia. Stesso discorso per quanto concerne il welfare aziendale.

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Siamo però realmente maturi per trarre motivo da queste modalità organizzative del lavoro e da queste nuove formule contrattuali per la gestione delle attività in ottica di massimizzazione della produttività grazie alla flessibilità?

I punti deboli ancora ci sono, e come prima accennavamo sono di tipo culturale: concetti come diritto di disconnessione e “porosità del tempo” devono essere tenuti in considerazione, previsti, discussi a monte. Se infatti da un lato la flessibilità sembra la parola d’ordine degli stili di lavoro del prossimo futuro, è anche vero che recenti sentenze UE impongono la misura dell’orario di lavoro.

Dunque, anche la scelta di legare eventuali risultati di produttività invece che all’orario di lavoro al compito assegnato è un tema caldo, su cui ragionare a monte con consapevolezza.

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Ancora: non solo è necessario lavorare consolidando la fiducia reciproca (l’azienda deve dare credito alle sue risorse ma anche chi opera da remoto deve dedicarsi al 100% alle attività di lavorative durante l’orario/il task assegnato) ma si deve anche adottare questi modelli innovativi con una forte colpevolezza.

Welfare come investimento

Una parola chiave anche quando si parla di welfare aziendale, con cui abbiamo voluto approfondire assieme a Gianluca Moretto, fondatore e CEO di una innovativa piattaforma per l’erogazione di beni e servizi ai dipendenti delle PMI.

Beneficy è in effetti quel che mancava nel panorama italiano: una soluzione efficiente ed economica a portata di mano per tutte quelle piccole imprese che vogliono investire nel capitale umano di cui dispongono in azienda.

Qualunque soluzione si scelga, tuttavia, la vera chiave per massimizzare i risultati di un investimento aziendale di questo tipo è la comprensione che non si tratta certo di un mero incentivo fiscale ma di uno strumento di fidelizzazione dei dipendenti e di gestione dei talenti attraverso l’ascolto delle persone e dei loro bisogni: permettere a tutti di scegliere il proprio benefit (per di più detassato) è un modo per far capire che l’azienda tiene alle sue persone.

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E quando magari la piccola impresa non ha l’opportunità di aumentare gli stipendi, può però offrire loro – disponibili con un click in piena autonomia – la possibilità di scegliere un asilo convenzionato, una consulenza finanziaria gratuita, un corso di formazione (ma anche di arte o cucina), una vacanza, il viaggio di nozze. Perché il welfare aziendale deve mirare al wellbeing.

Ascolto e benessere della persona come modalità di attuazione e come finalità di modelli innovativi legati al mondo del lavoro: due concetti importanti ribaditi anche da Luca Furfaro, che ha riportato in questo senso l’esperienza della Regione Piemonte e delle sue attività di sensibilizzazione presso le aziende, con l’attivazione diretta di corsi pensati per il benessere della persona (di salute, gestione patrimoniale, ecc.).

Per usare le parole di Moretto e ricalcando la mission di Beneficy, il welfare può (e deve essere) uno strumento per dare ai lavoratori la possibilità di vivere bene.