Migliora la competitività italiana nell’information technology, anche se questo avviene soprattutto grazie agli investimenti privati. Nell’edizione 2011 dell’indice globale di competitività dell’Information Technology, l’IT Industry Competitiveness Index, realizzato dall’Economist Intelligence Unit, divulgato oggi in tutto il mondo da Business Software Alliance, l’Italia sale al 23esimo posto, guadagnano un gradino rispetto al 2009.
In prima posizione si confermano gli Usa, seguiti dalla Finlandia. Sul terzo gradino del podio sale Singapore, con un balzo di sei posizioni grazie al quale supera la Svezia, che è quarta. La top ten prosegue con Gran Bretagna, Danimarca, Canada, Australia, Irlanda, Olanda.
La classifica viene compilata prendendo in considerazione una serie di macro-elementi: avanzamento in ricerca e sviluppo (il fattore a cui viene attribuito il peso maggiore), infrastrutture IT disponibili, capitale umano, incentivi offerti dal settore pubblico allo sviluppo industriale, ambiente economico complessivo, sistema giudiziario.
Fra i voti italiani attribuiti a queste varie categorie, il più alto è quello relativo al sistema legale, con un punteggio pari a 80 (la scala è da 1 a 100), che rappresenta un miglioramento di sette punti rispetto alla precedente edizione del rapporto (2009). Buon risultato anche in materia di ambiente economico complessivo (74,4, due punti in più). Segue il supporto pubblico al sviluppo industriale, 63,2, su cui però perdiamo un punto rispetto al 2009. Quindi, infrastrutture It, capitale umano, e ultima voce quella relativa a ricerca e sviluppo, con un punteggio di 25,9 che però registra il maggior incremento rispetto al 2009, con un salto di nove punti.
Da sottolineare che nei paesi più forti il posizionamento in ricerca e sviluppo merita un punteggio molto più alto del nostro: 74,3 negli Usa, sopra i 60 punti Finlandia e Singapore.
In generale, le nazioni trainanti nell’IT mantengono le rispettive posizioni di leadership in parte anche perché “vantaggio genera vantaggio”: in anni di investimenti hanno costruito solide basi per l’innovazione tecnologica e ora continuano a raccoglierne i frutti. Ma le economie in vie di sviluppo si stanno impegnando a fondo per raggiungere gli standard dei leader storici. Come detto, Singapore è sul podio, l’India, che è 34esima, ha guadagnato 10 posizioni, la Malesia, 31esima, è salita di 11 posti. Miglioramenti significativi anche per Messico, Austria, Germania e Polonia.
Lo studio «dimostra che investire sulle fondamenta dell’innovazione tecnologica nel lungo termine paga, e molto bene» sottolinea Matteo Mille, presidente di BSA Italia. E’ anche chiaro che «nessuna nazione detiene a priori il monopolio della tecnologia all’avanguardia» anzi «la tendenza, per quanto attiene la competizione nell’IT, è verso un mondo pluricentrico».
Quanto all’Italia, «gode di buone valutazioni sul proprio sistema economico e legale e sta lentamente migliorando nell’investimento in ricerca e sviluppo, anche se prevalentemente grazie all’investimento delle imprese private» prosegue Mille. L’Italia «riceve solo un 50 su 100 sulle infrastrutture IT (-2,5 punti rispetto al 2009), un 47 sul capitale umano (-1,4 punti) e 63,2 (-1 punto) in relazione ai supporti pubblici allo sviluppo industriale, su cui sarà opportuno concentrare gli sforzi nei prossimi anni. Come dimostra l’esperienza internazionale, l’impegno sarà ben remunerato».
Secondo l’esperto i governi, ma anche i manager e in generale i decisori all’interno delle aziende «non possono permettersi di guardare a questo problema su basi annuali» ma devono «prendere in considerazione un arco di sette-nove anni circa, e investire di conseguenza, al fine di ottenere vantaggi sostanziali in termini di competitività nell’IT».