La telemedicina nelle Marche

di Stefano Pierini

17 Febbraio 2010 09:00

Interviste agli esperti nel mondo della Ricerca, della Sanità e della Formazione

Nel case history sulle politiche dell’Unione Europea per lo sviluppo della telemedicina, si era essenzialmente analizzato lo scenario, le potenzialità e le criticità ancora presenti in tale settore. Tranne alcune Regioni (es. Veneto e Lombardia) che hanno costruito strutture dedicate e partecipano attivamente a progetti internazionali, negli altri contesti abbiamo molte buone prassi ma che fanno fatica a proseguire come sistema integrato. Peraltro, oltre all’innovazione che la telemedicina adduce l’argomento politicamente più forte è come sostenere il costo sociale della sanità su una popolazione sempre più anziana (aspettative di vita ormai vicino ai 90 anni) con scarso ricambio generazionale e forte utilizzo di giovani con contratti precari. Ecco allora che diventa strategico avere servizi medico-sociali diffusi nel territorio e strutture ospedaliere di qualità elevata in poli urbani, ricche di tecnologie e professionalità. La telemedicina può senzaltro contribuire a questo modello di assistenza delocalizzata a patto che il sistema mobilità sia efficiente e utilizzi mezzi senza fare economie; la rapidità dell’intervento deve far parte del progetto integrato territorio-presidio sanitario di eccellenza.

Per illustrare le attività e i progetti di telemedicina che si stanno sviluppando nella Regione Marche che peraltro attraverso il suo Presidente, on. le Gianfranco Spacca, si è candidata come polo nazionale per lo sviluppo della domotica, che può avvalersi anche dei servizi della medicina a distanza, abbiamo contattato tre esperti, in campi diversi (Ricerca, Sanità, Formazione). Il primo esperto è Aldo Franco Dragoni, professore di Informatica all’Università Politecnica delle Marche, dove insegna “Fondamenti di Informatica” e “Sistemi Operativi in tempo reale”. Come ricercatore è stato particolarmente attivo nel campo dell’Intelligenza Artificiale. Negli ultimi anni si è dedicato particolarmente alle applicazioni di tecnologie informatiche in ambito sanitario. Ha pubblicato una novantina di articoli fra riviste specialistiche e atti di convegni internazionali.

Cosa ne pensa del futuro della telemedicina?

Il futuro della telemedicina è in quella che a me piace oggi definire “NetMedicine”, cioè la consulenza medica erogata mediante la Rete delle Reti. Oggi non esiste applicazione di “telemedicina” fruita se non per via digitale attraverso i protocolli Internet HTTP-TCP-IP, oppure SMTP-TCP-IP, sotto la riservatezza garantita dal protocollo SSL. Per questo a me piace parlare piuttosto di Internet Medicina, perché il prefisso “tele” richiama concetti ormai insignificanti, come l’erogazione via etere mediante satelliti piuttosto che ponti radio. Viviamo ormai in un mondo iperconnesso e sia l’informazione point-to-point che quella trasmessa in broadcast viaggia quasi esclusivamente su Internet.

Descriva un esempio pratico affinché possiamo ancorare il nuovo termine ad un avvenimento

Le farò un esempio. In campo medico, il dato diagnostico digitale raccolto in Africa, nello Zambia e salvato in un “file” nel disco fisso di un PC “client”, viene opportunamente crittografato e poi “uploadato” sul PC “server” dello studio medico che si trova ad Ancona, dove viene esaminato mediante opportuni programmi “viewer” che girano sui PC client degli specialisti. Da questi partono poi i referti, allegati, per esempio, a messaggi di posta elettronica indirizzati ai richiedenti zambiani. Le tratte che il segnale digitale percorre in entrambe le direzioni sono molteplici e di varia natura fisica. Per esempio, in partenza dall’ospedale zambiano potremmo avere un doppino telefonico, oppure un ponte radio verso la più vicina stazione della compagnia telefonica, oppure ancora addirittura un collegamento satellitare! Arrivato in Italia, il “file” potrebbe viaggiare sulla rete gestita dal GARR* ed essere instradato fino al server dello studio medico, dal quale potrebbe poi ripartire per essere trasmesso sullo smartphone dello specialista mediante la copertura UMTS. Il referto, prodotto direttamente sul server dello studio al quale il medico accede mediante il suo cellulare, potrebbe poi essere reinstradato su Internet fino all’ospedale zambiano seguendo pressappoco il percorso inverso di quello seguito all’andata dal dato diagnostico. Ciò che accumuna tutte le tratte è che esse trasportano lo stesso tipo di pacchetti di dati, secondo protocolli di comunicazioni che sono sempre gli stessi e valgono su tutto il pianeta! E, ovviamente, la comunicazione bidirezionale appena descritta funziona anche fra paziente e medico che lavorano e risiedono nello stesso quartiere (con nessuna differenza e pochi passaggi in meno). Per questo oggi non abbiamo più scuse tecniche a che il referto di qualunque esame non venga recapitato direttamente sul PC del medico di famiglia o dello stesso assistito, se lo volesse; si capisce con quale risparmio collettivo di tempo, denaro, emissione di CO2, polveri sottili ed alberi abbattuti! Il vero punto cruciale dal punto di vista tecnico è la banda di comunicazione, cioè la cosiddetta “banda larga”. Così come la robustezza di una catena è pari a quella del suo anello più debole, così qui la capacità trasmissiva del canale che s’instaura fra medico e paziente è quella della tratta più debole. Se la scatola telefonica fuori del padiglione dell’ospedale zambiano è arrugginita o l’antenna del ponte radio è stata ruotata dal vento forte della notte, allora il trasferimento del file fino allo studio medico anconetano potrebbe durare giorni o, più probabilmente,interrompersi ed il servizio potrebbe cadere.