Il lavoro nero è una risorsa anti crisi per la metà degli italiani: il rapporto stilato dall’Eurispes sull’economia sommersa nel Paese parla chiaro, mettendo in evidenza come gli introiti non dichiarati percepiti dai lavoratori corrispondano al 35% del Pil, che tradotto in euro porta a oltre 540 miliardi.
Cercare un doppio lavoro, quindi, non è più una strategia per mettere da parte un’entrata extra, ma è sempre più una necessità per arrivare alla fine del mese. Secondo l’Eurispes – che ha condotto l’indagine in collaborazione con l’Istituto San Pio V di Roma -, sono circa 500mila i nuclei familiari che non riescono a far quadrare il bilancio mensile, situazione che porta sempre più frequentemente alla scelta del lavoro nero.
Le cifre che riguardano l’economia sommersa del 2011 mostrano un netto incremento rispetto all’anno precedente, con un buon 35% dei lavoratori dipendenti che opta per un secondo lavoro generando un flusso di denaro pari a circa 280 miliardi di euro. Entrando più nel dettaglio dei dati, sarebbero 6 milioni i “dopolavoristi” nella penisola, spesso dipendenti presso altre aziende e costretti ad aggiungere 4 ore di lavoro giornaliere per incrementare le entrate.
Oltre al flusso che arriva dal lavoro sommerso, tuttavia, le stime mettono in evidenza anche come circa 156 miliardi siano generato solo dalle imprese italiane: “È stato possibile stimare questo dato basandosi sulle operazioni condotte dalla Guardia di Finanza: su oltre 700mila controlli effettuati presso le imprese sono stati riscontrati 27 miliardi di euro di base imponibile sottratta al Fisco. Se si considera che il numero delle imprese italiane di piccole e medie dimensioni supera le quattro milioni di unità, mantenendo una proporzione con i dati emersi dalle operazioni campione della Guardia di Finanza, emerge che l’economia sommersa prodotta dalle imprese arriverebbe almeno a 156 miliardi“.
Una buona parte dei lavoratori con doppio impiego sono soggetti già in pensione, spesso over 65, che da soli generano un volume di sommerso pari a 43,5 miliardi di euro. È sempre l’Eurispes a mettere nero su bianco la crescita della cosiddetta “povertà in giacca e cravatta”, composta non da disoccupati, o inattivi, ma dagli stessi lavoratori che hanno enormi difficoltà economiche e sono costretti a cercare l’appoggio di strutture sociali per andare avanti.
Dando un’occhiata alle differenze tra le varie zone d’Italia, i dati mostrano una netta prevalenza del lavoro nero in Puglia, seguita da Sicilia, Campania e Calabria, mentre si mantengono sotto i valori medi molte delle Regioni del Nord, con il Trentino Alto Adige e la Lombardia in fondo alla lista.