Dopo l’incontro di domenica tra Sergio Marchionne e governo, ora tocca ai sindacati: nei prossimi giorni, infatti, i responsabili dei rappresentanti dei lavoratori Fiat avranno un faccio a faccia con l’amministratore delegato dell’azienda auto, per capire nei dettagli la strategia del costruttore per quanto riguarda l’Italia e i suoi stabilimenti.
A render noto questo prossimo appuntamento tra le 2 parti è stato il segretari ogenerale della Uil, Luigi Angeletti, che ha sottolineato il proprio disappunto in merito all’incontro tra Marchionne e Monti, definito nulla più di “un appuntamento rituale”.
“Quando vedrò il CEO Fiat gli chiederò di iniziare la produzione delle nuove auto Fiat negli stabilimenti italiani, visto che il momento di farlo è adesso: mi riferisco soprattutto al plant di Mirafiori, in modo che i primi modelli di nuova generazione possano essere commercializzati già nel 2014″. Intanto oggi tocca all’esecutivo incontrarsi con le parti sociali di Cgil, Cisl e Uil: l’appuntamento è a Palazzo Chigi con il ministro del Lavoro Elsa Fornero e il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera.
Ed è proprio l’ex numero 1 di Intesa SanPaolo che nella giornata di ieri ha manifestato forti preoccupazioni per il fatto che Fiat investa meno in Italia rispetto a quanto promesso 2 anni fa. “In seguito ai colloqui di domenica con i vertici dell’azienda automobilistica, ritengo che gli investimenti nel Paese non siano sufficienti e adeguati”. Il rischio, paventa il ministro, è che alcuni impianti chiudano e che centinaia di persone restino senza lavoro.
Nel frattempo, mentre si preparano gli incontri per il futuro italiano del Lingotto, continua lo scontro a distanza tra Sergio Marchionne e Diego Della Valle: il patron di Tod’s ha accusato i vertici Fiat definendoli “improvvisati che ci vogliono raccontare perché non fanno automobili in Italia”. Secondo il manager marchigiano, “la Fiat ha tutta l’intenzione di lasciare il Paese”. Per quanto riguarda il rinvio degli investimenti nella Penisola, Della Valle è sato molto duro dicendo che “vogliono spiegare a noi imprenditori che non si può innovare in tempo di crisi e non si possono fare nuovi prodotti, mentre noi restiamo solo perché innoviamo. Nel nostro settore settore siamo abituati a fare da sé, senza bisogno di chiedere gli aiuti allo Stato”.