La decisione del Gip di Taranto di bloccare il piano di risanamento dell’Ilva ha provocato una scia di proteste anche negli stabilimenti situati al Nord: lo sciopero proclamato dai sindacati coinvolge anche le fabbriche liguri di Sestri Ponente e Novi Ligure, oltre a quella di Racconigi.
Contro il provvedimento del Gip si è schierato anche il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, il quale ha annunciato la decisione dei vertici aziendali di impugnare la sentenza in tribunale giudicando la decisione troppo severa. Sul fronte sindacale, invece, si stano verificando tensioni causate prevalentemente dalla posizione assunta alla Fiom-Cgil, non più in prima linea al fianco di Fim-Cisl e Uilm nella difesa dei lavoratori impiegati nelle acciaierie. La sigla sostiene, infatti, l’inutilità di avviare uno sciopero contro una sentenza della magistratura, mentre cresce l’attesa per l’arrivo dell’AIA e la proclamazione definitiva della compatibilità ambientale con lo sviluppo industriale.
Stando alle ultime notizie, tuttavia, il termine per l’emissione dell’AIA slitta fino all’11 ottobre, infatti i tecnici incaricati di redigere la dichiarazione necessitano di più tempo per compiere tutti i sopraluoghi e le verifiche del caso, e questo nonostante l’ottimismo iniziale manifestato dal Ministro Corrado Clini.
Intanto, in merito alla chiusura dell’Ilva si sono espressi sia il sindaco di Genova Marco Doria sia il Presiedente della Regione Puglia Nichi Vendola: il primo ha sottolineato le possibili conseguenze della chiusura degli stabilimenti dal punto di vista industriale: “Si rischiano esiti disastrosi su tutto un sistema industriale. Mi auguro provvedimenti che evitino questa prospettiva catastrofica, che blocca la possibilità di fare interventi per il risanamento.” Venola, invece, ha focalizzato l’attenzione sulla delicata questione che gira intorno alla disputa tra lavoro e ambiente: “I lavoratori non possono vivere la condizione paradossale di dover scegliere se morire di cancro o morire di fame, penso che e’ inaccettabile che debba essere questa l’alternativa. I lavoratori hanno diritto di lavorare senza avere paura, di lavorare e di non pensare che il loro lavoro deve pregiudicare la salute dei loro bambini fuori dalla fabbrica“.