“Il Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica: non siamo solo noi addetti del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza nell’uso delle risorse pubbliche”. Queste le parole di Maria Teresa Brassiolo, presidente di Transparency International Italia, dopo la presentazione dei dati del CPI 2012, l’indice che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale.
Non ne esce bene infatti l’Italia, che nel mondo si posiziona al 72° posto su 174, con un punteggio di 42 su 100, un dato che allarma sia sul fronte interno, dove la corruzione è in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più, come confermato dalla Corte dei Conti, sia sul fronte esterno, con gli investimenti esteri che latitano anche, e spesso soprattutto, per l’indeterminatezza e l’opacità delle regole.
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Siamo così in compagnia di Bulgaria e Grecia, ben lontani da quei paesi virtuosi come Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda, che svettano tutti e tre con un voto di 90 punti su 100. Unico segnale positivo: i cittadini si sentono nuovamente protagonisti del contrasto alla corruzione. Alla domanda su chi debba essere il leader della lotta alla corruzione, infatti, quasi il 30% risponde i Cittadini; seguono il Governo (25%) e, molto distante, la Magistratura (14%).
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