I social media sempre più al centro della vita quotidiana, professionale e non, dei manager così come dei dipendenti. Ma se da un lato è evidente e confermato come la presenza online dei dirigenti faccia da traino all’attività stessa dell’azienda, dall’altro non è del tutto chiaro se sia lecito o meno, per il dipendente, dire tutto quel che pensa del proprio datore di lavoro, anche e soprattutto quando l’opinione da esprimere non è delle più positive.
=> Leggi: Il CEO e la reputazione social
Si è recentemente espresso a proposito, per quel che riguarda i dipendenti a stelle e strisce, il National labor relations board, l’agenzia che tutela le relazioni sindacali e combatte contro le ingiustizie sui luoghi di lavoro, e ha determinato l’applicazione delle regole tradizionali alle nuove tecnologie, visto che “i social media sono visti sempre più come un punto di incontro e discussione dei lavoratori”.
Possibile quindi in linea di principio criticare il boss e i suoi comportamenti su Facebook come su Twitter, anche se molte aziende si fossero tutelate inserendo nei regolamenti interni norme che disciplinavano l’uso dei social network da parte dei dipendenti. Qualora, come già successo per colossi come General Motors, Target e Costco, il dipendente avesse pagato con il posto di lavoro una sua opinione legittimamente espressa, ecco che il National labor relations board ha imposto cambiamenti nei regolamenti e la riassunzione dei lavoratori coinvolti.
Un argomento di sicura attualità, quello della libertà di espressione online dei dipendenti, che deve comunque essere limitato alle critiche, poiché in caso di insulti nessuna protezione potrebbe mai scattare.