L’Agenzia delle Entrate può effettuare indagini anche sui conti correnti cointestati del contribuente che viene sottoposto a verifiche, al fine di accertare incongruenze emerse attraverso le indagini finanziarie ed evitare tentativi di evasione fiscale.
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Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza 9362 dell’8 maggio 2015: l’Agenzia delle Entrate può procedere con gli accertamenti anche in merito ai conti correnti bancari intestati a terzi ma, presumibilmente, collegati al reddito del contribuente (ad esempio conti intestati al coniuge, a un genitore o a un parente).
Il Fisco è quindi legittimato ad avviare accertamenti sui redditi imponibili senza necessariamente disporre di prove. Il contribuente, invece, deve dimostrare o che gli importi oggetto di verifiche siano stati conteggiati nella dichiarazione dei redditi, o che non siano soggetti a tasse.
La sentenza precisa che la normativa relativa alle indagini fiscali non cita:
«alcuna limitazione dell’attività d’indagine, volta all’accertamento della evasione fiscale, ai soli conti correnti bancari e postali ed ai libretti al deposito intestati esclusivamente al soggetto contribuente, in quanto… una tale limitazione verrebbe illogicamente ad escludere lo scopo della stessa previsione normativa».
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