Nel momento in cui il potere disciplinare viene esercitato non in funzione dell’interesse pubblico ma è dettato da una finalità ritorsiva, si parla di reato di abuso d’ufficio.
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Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6665 del 18 febbraio 2016. A fare le spese di un comportamento sanzionatorio eccessivo da parte di un direttore generale e di un direttore dell’area tecnica di un’azienda pubblica, è stata una funzionaria per la quale è stato disposto un licenziamento disciplinare sulla base di presupposti ritenuti inesistenti.
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Secondo la Corte di Cassazione, la condotta di abuso d’ufficio veniva determinata non tenendo conto di violazioni relative ad aspetti inerenti il rapporto di lavoro privato, ma bensì l’esercizio del potere attribuito all’ufficio di appartenenza del pubblico ufficiale: questo era stato esercitato non per uno scopo pubblico ma per un interesse personale.