È legittimo licenziare il dipendente che accusa pubblicamente il datore di lavoro attribuendogli una condotta disonorevole: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, intervenendo riguardo le regole che disciplinano il diritto di critica in ambito professionale, sottolineando come questo non debba mai compromettere il rispetto dei valori di lealtà e buona fede.
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La sentenza (n. 24260 del 29 novembre 2016) riguarda le accuse mosse da un lavoratore nel corso di una riunione sindacale, sostenendo comportamenti illeciti e la violazione di alcune convenzioni da parte del datore di lavoro.
La Cassazione, nel sottolineare la legittimità del licenziamento, precisa che:
«La condotta posta in essere dal dipendente, che attribuisca al datore di lavoro e ai suoi dirigenti comportamenti illeciti o non corretti (come nel caso in esame, in cui il Montalbano ha parlato di “corsi fantasma” e, quanto ai dirigenti, ha imputato loro di assumere nell’Ente i propri figli), rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio, su di esso misurandosi l’eventuale inadempimento dell’obbligo di fedeltà e il permanere del vincolo fiduciario, e, in quanto tale, presente ab origine nella domanda per la declaratoria di illegittimità dell’intimato licenziamento.»
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