Dalle donne manager riunite a Davos, in Svizzera, per il consueto World Economic Forum, arriva una protesta incentrata su un tema decisamente caldo e anche attualmente al vaglio del Consiglio Europeo: le quote rosa.
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Stando ai dati resi noti dopo la chiusura del WEF 2013, infatti, la partecipazione femminile ha sfiorato la percentuale del 17%, una cifra minima se si tiene in considerazione che il meeting ha coinvolto complessivamente 2500 figure ai vertici, tra manager, capi di Governo e politici.
Una protesta che ha come sostenitrice lo stesso Cancelliere tedesco Angela Merkel, la quale ha ribadito l’irregolarità di questo Gap:
«Qui sono riuniti i leader di tutto il mondo, ma le donne sono rappresentate in modo minimo nelle posizioni di comando a livello internazionale.»
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In compenso, la parola “donna” sembra essersi collocata in cima alla classifica dei termini più pronunciati durante il Forum (437 volte, contro le 422 di “affari” e le 332 di “crescita”). A fornire cifre precise sulla presenza delle donne manager nei ruoli di comando in Europa è invece il vice presidente della Commissione Europea, Viviane Reding, focalizzando l’attenzione sul fatto che la partecipazione femminile nei CdA europei ha subito un incremento raggiungendo quota 15,8%, ben lontana tuttavia dall’obiettivo del 40% entro il 2020.
«Le quote sono un male necessario. Senza di loro bisognerebbe aspettare il 2060 per arrivare a una parità di genere nei consigli di amministrazione europei».
Critiche dure sono arrivate anche dal presidente del Fondo Monetario Europeo Christine Lagarde:
«La partecipazione delle donne è di importanza cruciale e troppo spesso dimenticata dai politici che decidono. Nel mondo d’oggi non è più accettabile che le donne siano bloccate nel loro percorso. Le donne controllano il 70% della spesa dei consumi globali, così il messaggio è chiaro: se le donne migliorano, l’economia migliorerà».