Che ci sia un ritorno economico per l’impegno sociale delle aziende è chiaro e se ne capisce la portata andando a guardare i numeri. Lavorare sull’impatto ambientale consente di risparmiare in energia e creare un ambiente di lavoro più salutare fa diminuire notevolmente gli infortuni dei dipendenti.
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Ma esiste anche un lato più immateriale, che ha a che fare con il ritorno d’immagine, la cui importanza non è da sottovalutare. Prova a fare una stima in questo senso la società di ricerca Nielsen, in un recente rapporto intitolato “Fare bene, facendo il Bene”. Da questo risulta che due intervistati su tre lavorerebbero più volentieri per società etiche e il 55% degli interpellati è disposto a pagare di più per prodotti con un impatto sociale o ambientale positivo.
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Le percentuali inoltre appaiono in continua crescita e sono molto alte nei paesi emergenti. Per quanto riguarda l’Italia è difficile capire quanta attenzione si dia alla responsabilità sociale. Infatti ogni azienda va in una direzione diversa. Se l’88% delle imprese italiane riconosce ormai l’alto valore del fenomeno della responsabilità sociale e i corporate social responsibility (Csr) manager sono in aumento ci sono anche molte realtà in cui la figura professionale che dovrebbe occuparsi dei temi sociali si occupa in contemporanea anche di comunicazione o risorse umane, togliendo importanza al tema.
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Nel 77% delle imprese del Ftse Mib è presente un dirigente dedicato, ma la frequenza cala al 43% tra le altre quotate e al 22% tra le non quotate.