Come scegliere nuovi mercati

di Alessandro Indelli

Pubblicato 3 Ottobre 2007
Aggiornato 15 Maggio 2013 09:01

Le statistiche di marketing sono fondamentali ma è importante anche saperle leggere nel modo giusto per poter entrare in nuovi mercati senza spiacevoli sorprese

Dopo aver mappato le fonti statistiche sulla produzione e sul commercio estero, l’azienda deve essere in grado di sfruttarle per individuare possibili mercati di sbocco. Per rendere più comprensibile il procedimento, riprendiamo l’esempio dell’articolo precedente, immaginando di voler trovare nuovi mercati in Europa per le nostre pantofole con tomaia in cuoio (codice NC 64035950).

La prima regola è che nell’analisi dei flussi di importazione dei vari paesi è bene considerare sia i valori assoluti che le variazioni nel tempo. È fondamentale, quindi che un mercato importi molte unità del nostro prodotto, ma è altrettanto vero che se il livello di importazioni diminuisce a tassi del 10% ogni anno non possiamo considerarlo un mercato di “sicuro” interesse.

Per verificarlo, colleghiamoci ad Eurostat ed estraiamo le statistiche che ci interessano. Per seguire l’esempio, l’ideale sarebbe effettuare davvero l’interrogazione al database Eurostat con i seguenti dati: reporter: tutti i paesi UE; partner: Italia; period: da Jan-Dec 2002 a Jan-Dec 2006; flow: import; indicator: value e quantity; product: 64035950. Conviene poi salvare l’estrazione in formato .csv e importare tutto in Excel. Così facendo, filtrando i dati, utilizzando la formattazione condizionale “quanto basta” e creando qualche grafico, vi renderete conto che, almeno in termini di quantità, il trend dell’export italiano verso l’UE di questo prodotto è in tendenziale calo. Inoltre, da una prima sommaria occhiata, possiamo verificare come solo undici paesi dell’UE hanno importato pantofole in cuoio dall’Italia nel 2006: è già un primo elemento per affinare la ricerca.

Prima di decidere di escludere dallo studio gli altri paesi, però, diamo un’occhiata ai dati del 2005. Le statistiche, infatti, non sono mai perfette al 100%: è possibile che nell’anno precedente un paese abbia registrato importazioni significative ma che il dato non sia stato ancora trasmesso. Nel nostro esempio, i “numeri” del 2005 e quelli del 2006 sono omogenei e quindi possiamo concentrare l’analisi sugli undici paesi rimasti. Dovremo fare ancora controlli sull’attendibilità di questi dati, ma non è questo il momento. Questo è, invece, il momento della seconda regola: cominciate con l’analizzare i dati sulle quantità (in quintali importati) e fatevi orientare da questi, solo dopo passate all’analisi dei dati in valore.

Un esempio per valutare la profittabilità di un mercato

In questo esempio, per brevità, scegliamo un solo Paese, la Grecia. La Grecia è uno dei pochi mercati che, se escludiamo il picco del 2005, non sembra registrare trend di ribasso. Prendiamo adesso in considerazione i valori di importazione. Ci rendiamo subito conto che i dati in valore della Grecia presentano elementi di disomogeneità con quelli in quantità.

Ce ne accorgiamo facendo un rapporto valori/quantità (fatelo in Excel): i valore di ogni quintale di prodotto importato è estremamente variabile tra un anno e l’altro, prendiamolo come un campanello d’allarme sull’attendibilità dei dati.

Per verificare se, effettivamente, possiamo fare affidamento su questi “numeri”, mettiamo in due colonne contigue i dati dell’import in valori e in quantità, calcoliamo il rapporto in una terza colonna e infine verifichiamo se i dati della Grecia sono in linea con quelli degli altri paesi. Per effettuare questa semplice operazione:

  • a) selezionate i dati in quantità con il filtro automatico di Excel;
  • b) tagliateli;
  • c) selezionate i dati in valore;
  • d) incollate i dati tagliati nella prima colonna libera.

Diamo una occhiata alla tabella che ne viene fuori. La prima cosa che balza agli occhi è che in moltissimi casi, mentre il dato delle quantità importate è pari a zero quello dei valori di importazione è positivo. Anzi, in molti casi è addirittura decisamente elevato. Perché questa incongruenza? Dobbiamo ancora fidarci dei dati? E se sì, quali dati dobbiamo considerare? Le ragioni della palese incongruenza di alcuni dati sono due:

  • 1. la tipologia di prodotto scelta non si presta facilmente ad una misurazione in peso. Le pantofole in cuoio andrebbero misurate in paia, è oggettivamente difficile misurarle in quintali ed è possibile che le dichiarazioni Intrastat presentate dagli operatori riportino valori molto approssimati. Diverso è il discorso per una commodity come può essere, ad esempio, il rame grezzo: in questo caso la vendita si fa a peso e i valori sono certamente più attendibili.
  • 2. Quando le quantità importate sono ridotte il peso degli errori è più elevato. Se diamo un’occhiata al file Excel, ci rendiamo conto che solo la Germania e l’Ungheria, nelle loro serie storiche registrano importazioni annue di valore superiore al milione di euro e pochi altri paesi regitrano importazioni di valore superiore ai 500 mila euro. Stiamo quindi ragionando su valori molto bassi, in questi casi le imprecisioni nelle dichiarazioni degli operatori hanno una incidenza molto maggiore, basta che un grosso esportatore sia “poco attento” nelle sue dichiarazioni per vanificare la precisione e la meticolosità di tutti gli altri.

La scelta finale

In definitiva, però, questi dati ci servono per farci una idea dei possibili mercati di sbocco, non per scegliere definitivamente dove esportare. E quindi, se li prendiamo con le dovute precauzioni e li analizziamo criticamente cercando di individuare le incongruenze ci saranno comunque utilissimi. Nel caso specifico, essendo in presenza di prodotti non commerciati a peso e avendo appurato le incongruenze tra dati in quantità e a valore, sarebbe bene ragionare su questi ultimi pur tenendo in considerazione che:

  • In una serie storica quinquennale o decennale il valore della moneta varia considerevolmente a seguito dell’inflazione (una inflazione pur contenuta al 2,5% annuo determina in 10 anni la variazione di oltre un quarto del valore della moneta…)
  • Per i paesi fuori dall'”Area Euro” possono esservi oscillazioni nei tassi di cambio, rivalutazioni o svalutazioni in grado di incidere considerevolmente sui dati. Sarebbe bene quindi dare un’occhiata alle fluttuazioni del cambio prima di prendere i dati come buoni (potete farlo, ad esempio, nelle pagine finanza di yahoo)

Torniamo alla Grecia. I dati a valore, pur altalenanti, ci consentono di comprendere che il mercato dell’import dall’Italia si attesta sui 250 mila euro annui. Naturalmente sono necessarie altre informazioni e per ottenerle dobbiamo interrogare nuovamente il database Eurostat. L’obiettivo è comprendere:

  • 1. quali sono gli altri paesi fornitori di pantofole in cuoio della Grecia e qual è la quota di mercato dell’Italia nelle importazioni greche di questo prodotto (Leader? Follower?)
  • 2. in che quantità la Grecia importa prodotti sostitutivi delle pantofole in cuoio (esempio pantofole in gomma) e da quali paesi
  • 3. a quanto ammonta la produzione locale di pantofole in cuoio e in gomma grazie alle statistiche Prodcom ed eventualmente se la Grecia esporta questi prodotti.

Tutto questo processo va ripetuto per tutti i paesi che, da una prima occhiata ai dati sull’import, sono considerati potenzialmente interessanti e ci consente di avere un quadro abbastanza preciso. Sulla base di questo quadro sceglieremo i paesi sui quali effettuare una analisi più approfondita, che prescinda, almeno in parte, da informazioni numeriche e si concentri su dati di tipo qualitativo.