Decreto Fare in Senato senza il DURT

di Barbara Weisz

1 Agosto 2013 15:13

Quasi mille emendamenti al Decreto Fare, che tuttavia perderà con ogni probabilità quello sul nuovo Documento Unico di Regolarità Tributaria (DURT) in Senato dopo le proteste delle imprese: l'iter di conversione in legge.

Marcia indietro sul DURT e una pioggia di emendamenti: è iniziato in salita il cammino in Senato del Decreto del Fare, approvato dalla Camera con modifiche e approdato alle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio a Palazzo Madama. Confindustria, Rete Imprese Italia, Ance e altre associazioni ne chiedono l’abolizione (leggi qui): «complica in maniera inaccettabile la vita delle imprese» ribadisce Paolo Buzzetti, presidente dell’associazione nazionale costruttori edili. Ricordiamo che il documento unico di regolarità tributaria, nuovo provvedimento che nasce per alleggerire la responsabilità solidale fiscale negli appalti (acquisendo il DURT in sostituzione dell’attuale autocertificazione, l’impresa appaltatrice si svincola dalla responsabilità solidale), sarebbe un onere pesante per il subappaltatore, che non solo deve effettuare un nuovo adempimento burocratico, ma rischia di non incassare i pagamenti da parte dell’appaltatore se ha pendenze fiscali(leggi di cosa si tratta). Una sorta di circolo vizioso da evitare, soprattutto in tempi di crisi.Il presidente della Commissione Finanze del senato, Mauro Maria Marino, spiega senza giri di parole che «ridimensionare il DURT è il nostro obiettivo principale. Non è, infatti, possibile che una norma nata con il preciso scopo di agevolare le imprese che già versano in situazione di difficoltà sia diventata una sorta di tranello del diavolo, utile solo a complicare gli adempimenti burocratici». Rassicurazioni in questo senso arrivano anche dalla politica: lo stesso Movimento 5 Stelle, il cui deputato Girolamo Pisano ha presentato l’emendamento approvato, si è dissociato dall’iniziativa del parlamentare prendendo le distanze dal DURT.

Oltre alla questione, cara alle imprese del Documento Unico di Regolarità Tributaria, fra le proposte di modifica (quasi mille) si segnalano: la possibilità di dilazionare il debito tributario in dieci anni anche per i contribuenti che aderiscono a pratiche di conciliazione in sede di contenzioso; il reinserimento del tetto di 300mila agli stipendi dei manager di aziende che forniscono servizi pubblici come le Poste, abolito con un emendamento approvato alla Camera. (=> Vai allo speciale sul Decreto Fare). Infine, una consideraizone sull’iter della legge di conversione del Dl 69/2013: il parlamento deve, tanto per cambiare, stringere i tempi, perché la legge di conversione va approvata entro il 20 agosto, e visto che sembrano ormai quasi certe le modifiche in Senato, sarà necessario un nuovo passaggio alla Camera in terza lettura.