Cassazione: il rimprovero in ufficio è mobbing

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 25 Marzo 2009
Aggiornato 22 Luglio 2016 11:25

Datori di lavoro che rimproverino lungamente epubblicamente un dipendente rischiano uina condanna per mobbing e il risarcimentoi dei danni biologici

Un datore di lavoro che urla e sbraita contro i dipendenti è passibile di causa per mobbing, soprattutto se tale atteggiamento cela una volontà di licenziamento. Lo ha confermato anche una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6907, Sezione Lavoro).

Rimproveri accesi con toni pesanti e vessatori sono quindi da considerarsi parte integrante di un “clima vessatorio“.

Il perpetrarsi di tale situazione che culmini in un licenziamento comporta pertanto il risarcimento dei danni, se si dimostra la sproporzione tra il provvedimento e le mancanze contestate.

Dirigenti e capi ufficio avvisati, dunque: tanto più che un clima teso in azienda raramente contribuisce all’aumento della produttività di dipendenti e lavoratori in generale.

Al contrario, un clima collaborativo aumenta la spinta motivazionale, fungendo da gratifica spesso tanto quanto un bonus economico.

Tanto più che rimproverare continuamente un dipendente può essere passibile di condanna, come nel caso in questione in cui un azienda di Milano ha dovuto versare alla dipendente 9.500 euro di risarcimento solo per il danno biologico, oltre che concederle l’immediato reintegro in quanto non sussistevano i presupposti per il licenziamento.