Controllo a distanza dei lavoratori: guida alle novità

di Barbara Weisz

Pubblicato 12 Ottobre 2015
Aggiornato 29 Maggio 2019 19:05

Guida dei Consulenti del Lavoro sulle misure controllo a distanza dei lavoratori del Jobs Act: focus sulle nuovi opzioni di monitoraggio e uso delle informazioni rilevate.

L’analisi dei Consulenti del Lavoro sul controllo a distanza dei lavoratori così come riformato dal Jobs Act. è contenuta nella circolare 20/2015 della Fondazione Studi dell’associazione professionale, con la puntuale indicazione delle novità rispetto al vecchio impianto normativo in termini di strumenti di monitoraggio e vincoli di privacy.

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Accordo sindacale

L’articolo 23 del Dlgs 151/2015 (Razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese) attuativo del Jobs Act, modifica l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori ma, in linea generale ne conferma i principi fondanti: impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo a distanza possono essere installati:

«esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale», e comunque in base a specifico accordo sindacale.

=> Jobs Act: più spazio al controllo a distanza

In pratica, spiegano i Consulenti del Lavoro:

«la dignità e la riservatezza del lavoratore permangono quali diritti la cui tutela è primaria, da contemperare con le esigenze produttive ed organizzative o della sicurezza del lavoro».

Impianti di controllo

In realtà, un’importante novità rispetto alla norma precedente è che adesso, accanto ai requisiti oggettivi, per l’installazione di audiovisivi o apparecchi di controllo a distanza si aggiungono le esigenze di tutela del patrimonio aziendale. Si tratta dunque dei controlli difensivi, diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa: la legge di fatto recepisce un orientamento giurisprudenziale espresso in diverse sentenze.

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Per l’installazione, tuttavia, resta confermato l’obbligo di accordo sindacale o autorizzazione del Direzione Territoriale del Lavoro competente, su istanza dell’impresa.

Sedi staccate

Una novità operativa riguarda il caso dell‘impresa con più unità produttive in diverse province o regioni: in questo caso è necessario un accordo con le associazioni sindacali nazionali oppure l’autorizzazione del Ministero del Lavoro. Commentano i Consulenti del Lavoro:

«questa introduzione consente di ovviare alle criticità rappresentate dalla normativa previgente che, in assenza di indicazioni specifiche, imponeva il ricorso alle diverse realtà locali, sindacali o amministrative».

Strumenti di lavoro

La vera novità del decreto riguarda la completa esclusione dai criteri appena descritti nel caso di strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (come il pc o lo smartphone) e quelli per la registrazione di accessi e presenze: in questi casi l’installazione è libera e non richiede accordo sindacale.

Questa eccezione «è strettamente limitata a quegli strumenti che immediatamente servono al lavoratore per adempiere alle mansioni assegnate», per i quali:

«non è necessario alcun accordo né autorizzazione preventiva, e l’installazione dell’impianto o la dotazione dello strumento al dipendente è di per sé legittima, ricorrendone i requisiti di legge».

Uso dei dati

Tutto questo comporta la possibilità di acquisire informazioni sull’attività lavorativa, suscettibili di valutazioni anche sotto il profilo disciplinare. E’ uno dei nodi più complessi e controversi del decreto. Per i Consulenti del Lavoro, ai sensi del terzo ed ultimo comma del nuovo articolo 4 dello Statuto, le informazioni raccolte in conseguenza dell’installazione legittima di un impianto possono essere  utilizzate per qualsiasi fine connesso al rapporto di lavoro (anche per i rilievi di natura disciplinare). Al lavoratore deve comunque essere data adeguata informazione sulle modalità d’uso da parte dell’azienda degli strumenti tecnologici e sull’effettuazione di controlli, rispettando le indicazioni del codice privacy.

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Ricordiamo a questo proposito una posizione del Ministero del Lavoro, che ha chiarito: se il pc o lo smartphone o lo strumento di lavoro fornito al dipendente viene modificato (ad esempio, con l’istallazione di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione perché

«da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione»

Di conseguenza, in questi casi devono intervenire i paletti relativi agli strumenti di controllo: ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione.