Diecimila lavoratori statali in mobilità a partire dal mese di marzo. Questa è la situazione che caratterizzerà a breve la Pubblica Amministrazione in Italia, secondo quanto stabilito dalla manovra approvata con Dl 138 lo scorso agosto inerente la riduzione dell?organico negli enti statali.
Diecimila statali che potrebbero entrare in mobilità per essere ricollocati nella stessa amministrazione, oppure spostati in altri enti e perfino in regioni diverse in caso di esuberi o mancanza di altre alternative. Il Governo dirà l?ultima parola nel momento in cui riceverà la documentazione inviata da parte del Ministero della Funzione Pubblica a tutti gli enti e le PA, una sorta di questionario utile al fine di verificare i singoli organici e le presenze effettive.
Un aspetto fondamentale caratterizza questa manovra, e i conseguenti tagli: non si attueranno, come avvenuto in passato, prepensionamenti o blocchi del turnover per limitare il personale attivo, ma il ricollocamento dei lavoratori avverrà attraverso operazioni di mobilità in piena regola. Si tratta di una norma che, seppure varata dal governo precedente, si allinea con quanto stabilito dall?attuale governo Monti, che ha annunciato prossime misure volte a limitare le spese che colpiranno soprattutto il Ministero della Difesa e dell?Interno.
Secondo Vincenzo Di Biasi, coordinatore dipartimento sindacale Funzione pubblica-Cgil, ci si avvicina a una realtà potenzialmente difficile per gli statali:
«Negli ultimi tre anni si sono succeduti già due tagli alle piante organiche delle amministrazioni centrali, ma il terzo potrebbe iniziare a incidere sul personale in servizio. Il divario tra gli organici teorici e i dipendenti in servizio, infatti, dovrebbe ormai aggirarsi tra il 5 e il 7 per cento. Situazione aggravata anche dall’allungamento dei termini per andare in pensione. Dunque, l’ulteriore sforbiciata del 10% prevista dalla manovra di Ferragosto potrebbe, questa volta, davvero creare un’eccedenza di personale, dando il via alla mobilità».