In questi giorni ha tenuto banco nel circolo dei media la presa di posizione del Governo Italiano rispetto agli obiettivi della Commissione Europea sulla riduzione dell’impatto ambientale nei processi di produzione.
Ovviamente se si parla di ambiente e di produzione bisogna per forza essere coscienti del fatto che non ci sono soluzioni “rapide”, ma solo approcci metodologici che coinvolgano l’impresa nel suo intero.
Il contributo alla discussione che vorrei fornire non si condensa in un articolo ma bensì si propone di definire dei passi che, utilizzando gli strumenti a disposizione, indichino quale sia una possibile serie di azioni da mettere in atto per iniziare un processo di cambiamento del ciclo produttivo.
Il fine è di ridefinire la politica aziendale rispetto alle necessità degli standard di efficienza ambientale.
Prima di tutto c’è da mettere in chiaro che rispetto alla voce “ambiente” ci sono una serie di concetti che torneranno utili in fase di riflessione:
1. Nel concetto “globale”, dal punto di vista economico, non si può affrontare il problema solo localmente (questa visione è ben riportata nel protocollo di Kyoto) = le azioni legate al controllo delle emissioni, degli agenti inquinanti e, indirettamente, delle politiche energetiche devono avere una cabina di regia internazionale.
2. Sussistono una serie di gap nelle politiche ambientali visto che tra coloro che non aderiscono al protocollo di Kyoto ci sono gli Stati Uniti d’America che rappresentano la principale fonte di gas serra e di CO2 con oltre un terzo delle emissioni globali = non esistono più posizioni di status quo derivanti da eventi storici, e in questo quadro il ruolo chiave sarà giocato, a mio avviso, dall’Unione Europea, visto che dovrà avere la forza di mediare tra chi aveva il ruolo egemone e chi sta cercando di aumentare la sua quota, cercando al contempo di garantire il proprio livello produttivo.
3. Anche tra i virtuosi sussistono dei gap notevoli. Ad esempio, se si considera l’Europa come benchmark, c’è da evidenziare che esiste una forte discrepanza tra il Nord Europa ed il Sud Europa, essendo il Nord in netto anticipo e in posizione di forza sulle politiche ambientali = se si vuole giocare un ruolo importante negli scenari futuri non si possono avere “figli minori” e quindi sarà necessario riequilibrare in tempi brevi le politiche economiche ed energetiche all’interno della UE, che è a mio avviso il passaggio sulle due velocità che ha portato alla discussione tra Governo Italiano e Commissione Europea.
4. Gli effetti di questa svolta avranno ripercussioni sulla catena del valore, visto che il ruolo di controllo non sarà più solo appannaggio del pubblico ma dovrà essere trasferito all’interno del mercato = le imprese dovranno sviluppare un maggiore controllo sulle forniture elevando gli standard di qualità e facendosi carico anche degli effetti del post vendita.
5. Le politiche energetiche aziendali dovranno tenere conto degli scenari internazionali ma agire di conseguenza a livello locale = le politiche di distretto saranno sempre più di attualità e dovranno nascere gestioni territoriali che nel mix energetico vadano a computare le risorse peculiari del proprio ambito.
Alla luce di quanto sopra sarebbe opportuno riflettere sulle azioni pratiche da mettere in atto per attuare nel contesto europeo politiche aziendali mirate al miglioramento degli standard ambientali e, là dove sia possibile, cercare di quantificare i costi/benefici.
Quindi l’intervento, oltre a questa introduzione, interesserà i seguenti argomenti:
- a. certificazioni legate al tema ambientale: EMAS e UNI EN ISO 14001;
- b. azioni di filiera: Green Public Procurement;
- c. politiche di incentivazione ed effetti globali: certificati verdi;
- d. approvvigionamento energetico delle imprese: nel mix italiano quale quota per il solare?