Evasione fiscale, inutile il tetto al contante

di Francesca Vinciarelli

3 Marzo 2015 10:42

I dati elaborati dalla CGIA Mestre dimostrano che non esiste una stretta correlazione tra utilizzo del denaro contante ed evasione fiscale.

Limitare l’utilizzo del contante non si è dimostrata nel tempo una strategia vincente per la lotta all’evasione fiscale, almeno stando ai dati emersi da una recente analisi della CGIA Mestre sulla correlazione tra la soglia limite all’uso di banconote imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile IVA non dichiarata e il PIL. Le banconote in circolazione in Italia sono cresciute nel corso del 2014 fino a raggiungere quota 164,5 miliardi di euro. La CGIA Mestre rende noto che:

“Negli ultimi 7 anni di crisi l’incremento percentuale è stato del +30,4%, a fronte di una variazione dell’incidenza delle banconote sul PIL del +2,4% e di un aumento dell’inflazione che ha sfiorato il 10%”.

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E tutto questo nonostante l’Italia abbia il limite all’utilizzo del contante più basso d’Europa:.

  • la Francia e il Belgio hanno una soglia di spesa con contanti di 3.000 euro;
  • la Spagna di 2.500 euro;
  • la Grecia di 1.500 euro;
  • il Portogallo, come l’Italia, 1.000 euro.

Ad aumentare in questi anni è stata anche l’evasione fiscale:

“Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all’uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l’evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l’anno successivo l’asticella del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 e 1.000 euro), l’evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16% del PIL, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14%”.

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Dunque non esiste una stretta correlazione tra l’uso denaro contante ed evasione fiscale. Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA, spiega:

«Il diffusissimo uso del contante è correlato al fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di unbanked, ovvero di persone che non hanno un conto corrente presso una banca. Un record non riscontrabile in nessun altro Paese d’Europa. Non avendo nessun rapporto con gli istituti di credito, milioni di italiani non utilizzano alcuna forma di pagamento tracciabile, come la carta di credito, il bancomat o il libretto degli assegni. Questa specificità tutta italiana va ricercata nelle ragioni storiche e culturali ancora molto diffuse in alcune aree e fasce sociali del nostro Paese. Non possiamo disconoscere che molte persone di una certa età e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anziché affidarli ad una banca. Del resto, i vantaggi economici non sono indifferenti, visto che i costi per la tenuta di un conto corrente sono in Italia i più elevati d’Europa».

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(Fonte: CGIA Mestre).