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PMI artigiane: Digitale contro tasse e burocrazia

di Barbara Weisz

Pubblicato 11 Giugno 2014
Aggiornato 15 Settembre 2014 14:05

PMI italiane schiacciate da tasse e adempimenti: per emergere dalla crisi, Artigianato e Made in Italy scoprano il Digitale.

Le imprese italiane, soprattutto le PMI artigiane, sono tartassate e pagano lo scotto della burocrazia, ma devono continuare a credere nel loro tradizionale punto di forza, il Made in Italy:

«il primato del valore del prodotto e della relazione tra l’imprenditore e il suo cliente, che è una delle caratteristiche fondanti del lavoro artigiano, al di là di ogni costrizione legislativa».

A parlare è Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, davanti agli imprenditori riuniti per l’assemblea annuale 2014, mentre l’Ufficio Studi analizza gli effetti dell’imposizione fiscale sul sistema delle piccole aziende, offrendo al contempo una chiave di lettura per la ricetta vincente: i “makers” sono l’esempio di come il lavoro artigiano abbinato alle nuove tecnologie possa essere il modello imprenditoriale del futuro: avvicinare PMI e Digitale è dunque una delle strategie migoliori per uscire dalla crisi.

=> Il piano del Governo per PMI e Made in Italy

Fisco

La pressione fiscale 2014 è al 43,9% del PIL, 1,7 punti in più rispetto al 42,2% della media UE, e se si considera anche il mancato gettito dell’economia sommersa si arriva a una pressione effettiva del 52,9%. In termini assoluti, significa 25,7 miliardi in più di tasse rispetto alla media dei cittadini dell’Eurozona, circa 420 euro in più a testa.

Burocrazia

Come se questo non bastasse, ecco qualche numero sulla burocrazia: fra il 2008 e il 2014 sono state approvate 629 norme fiscali, di cui 389 (più della metà) introducono nuovi adempimenti per le imprese, quindi ne aumentano i costi burocratici. In pratica, in sei anni il fisco si è complicato alla velocità di una nuova norma alla settimana. Nel solo ultimo anno, le imprese hanno speso 30mila980 milioni di euro in oneri amministrativi (signficia circa 7mila euro per ogni azienda), in pratica due punti di PIL.

=> Analisi di Confcommercio sulla crisi delle PMI

A tutto questo si aggiungono la lentezza dei servizi digitali della PA, i tempi di pagamento troppo lunghi, le leggi che restano sulla carta per mancanza di provvedimenti attuativi, la lentezza dei tribunali.

Analisi e proposte

Nel suo discorso, il presidente di Confcommercio cita prima Albert Einstein (“non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose“), e poi azzarda un abbinamento fra Dante Alighieri e i mondiali di calcio:

«tutta l’Italia deve fare squadra, dobbiamo mettercela tutta e tutti insieme dobbiamo impegnarci per vincere il campionato più importante: quello per uscire dall’inferno della crisi a riveder le stelle, mi perdoni Dante, della crescita e dello sviluppo».

Per dirla in altri termini: la crisi ha imposto e continua a imporre scelte e impegni precisi, e secondo Merletti questa sfida dal sistema delle piccole imprese è stata raccolta in pieno: «noi non siamo stati fermi, non abbiamo continuato a fare le stesse cose: siamo cambiati. E molto», dunque il governo non deve «abbassare la guardia e dedicare impegno, fermezza e rapidità nel realizzare le grandi riforme necessarie», mentre artigiani e imprenditori si impegnano a essere «come sempre, in campo». L’opportunità c’è, è grossa, e arriva proprio dal mondo globalizzato del terzo millennio:

«il Digitale sta cambiando il modo di produrre, non solo per gli aspetti di comunicazione, ma valorizzando la progettazione condivisa e la produzione personalizzata», proprio il «lavoro artigiano, con le sue specificità» è «profondamente coerente con le caratteristiche di questa metamorfosi», dunque «per la sua flessibilità e capacità di creare e progettare con dinamismo, la piccola impresa è il modello imprenditoriale del futuro».

Qui si inserisce la riflessione sui makers, che abbinano l’utilizzo di nuove tecnologie di produzione all’attenzione a Internet, all’open source, alla condivisione dei processi di innovazione che poi si dispiegano su larga scala. Risultato: «quello che era un gusto quasi esclusivo, per pochi eletti, del fatto a mano, del su misura, del fuori serie è diventato quindi uno dei cardini del processo di globalizzazione.

La nascita dell’artigiano digitale è stata identificata con l’affermazione della stampante 3D, ma pensiamo anche a cosa significa la tecnologia della comunicazione per i trasporti e a quante barriere fisiche si stanno abbattendo con i marketplace». E allora, prosegue il presidente di Confartigianato, «la manifattura italiana vive una rinascita dopo la sua morte annunciata, prospera e va all’estero, proprio grazie a questo reticolo di milioni di piccole imprese che, libere grazie alla loro dimensione ridotta, hanno potuto andare più avanti dei pochi grandi gruppi manifatturieri, che peraltro ormai in Italia hanno poco più della sede, se ce l’hanno…,  ed hanno avviato un processo di revisione strutturale del modo di fare impresa».

=> Delocalizzazione addio, è tempo di back-shoring

Merletti auspica poi che l’Europa approvi definitivamente le norme a protezione del “Made in”, che l’Expo 2015 diventi un reale acceleratore di futuro per il Sistema Italia, un dialogo vero fra le parti sociali che parta dall’ascolto reale della società e dell’economia, meno tasse e meno burocrazia, come il groviglio TASI. Qui c’è anche una proposta specifica: tornare ad un’unica imposta sulla proprietà immobiliare, accorpando la Tasi nell’IMU, ammettendo apertamente «che la prima casa è, in effetti, tassata», e rivedendo la tassazione degli immobili produttivi che non possono essere considerati come le seconde case. E poi ancora: lotta all’evasione fiscale, regole più semplici e meno numerose per il lavoro, avanti con il piano taglia-bolletta per l’energia delle imprese, più possibilità di compensazioni fra debiti e crediti delle imprese verso lo stato.