Scudo Fiscale bis e Pmi: approfondimenti

di Nicola Santangelo

Pubblicato 11 Febbraio 2010
Aggiornato 10 Febbraio 2023 14:40

Analisi delle novità relative allo strumento fiscale per la regolarizzazione del capitale detenuto all'estero

Sono giorni caldi per lo Scudo Fiscale, l’operazione promossa dal Ministro Economia e Finanze che prevede una sanatoria per rimpatrio o regolarizzazione dei capitali illecitamente detenuti all’estero.

Appena varato, PMI.it ha analizzato i possibili benefici alle piccole e medie imprese. A distanza di qualche mese, in occasione della seconda tranche dell’operazione, forniamo una ulteriore analisi osservando a consuntivo l’evoluzione economica della manovra.

Lo scudo fiscale ha portato all’emersione di 95 miliardi di euro. Con molta probabilità, tale cifra si assesterà tra i 110 e i 125 miliardi. Un successo, insomma, tanto che il Governo ha varato un secondo Scudo Fiscale.

Vuole dire che le imprese italiane sono più ricche? Se ripartissimo i 95 miliardi di euro ai 4 milioni circa di imprese italiane censite nel 2001 dall’ISTAT, le stesse si ritroverebbero un patrimonio di oltre 23.000 euro a testa. Peccato che non è così semplice definire la ricchezza generata dallo Scudo Fiscale per le imprese italiane perché non è possibile stabilire quanti capitali sono realmente rientrati in Italia.

Un ulteriore regalo per gli evasori? Per le imprese oneste che pagano regolarmente le tasse la risposta è affermativa. Sono molti, infatti, gli imprenditori che lamentano la peculiarità italiana nel premiare gli evasori. Già, perché la tassazione del 5% (ora innalzato a 6-7%) per il 2009 è suonato come affronto verso gli imprenditori in regola, che si vedono tassare il reddito con aliquote ben più alte.

L’aumento dell’aliquota appare troppo poco rilevante: 6% se si presenta la dichiarazione entro il 28 febbraio e 7% se la si presenta entro il 10 aprile. Parecchio distante anche se paragonata alla tassa sulle rendite finanziarie (12,50%).

Da questa operazione chi ne è uscito dunque vincitore? Sicuramente il Governo, che ha incassato 4,7 miliardi di euro. E certamente anche le banche italiane, che hanno visto incrementare la propria liquidità: prova ne è il fondo da 3 miliardi istituito in favore delle piccole e medie imprese.

Non sono poi mancati i soliti furbetti: a quanto pare, qualche Paperone avrebbe scelto di richiedere la sanatoria per un valore più altro di quello realmente detenuto. In questo modo avrebbe sanato un capitale che di lì a poco avrebbe illecitamente acquisito.

A conti fatti, lo Scudo Fiscale è stato sicuramente un successo, vista la non indifferente quantità di capitale regolarizzato. Tuttavia, paventiamo un allargamento della forbice tra le imprese ricche – che saranno ancor più benestanti – e quelle povere che continueranno a essere sempre più bisognose.

Per lo Scudo Fiscale bis, non è cambiata la competenza della violazione. Per essere sanata, infatti, è necessario che sia avvenuta entro il 31 dicembre 2008, come previsto dal Dl 194 del 2009, che ha riaperto le disposizioni in materia.

Il nuovo decreto, tuttavia, estende ora la facoltà di procedere alla sanatoria: il rimpatrio deve avvenire entro il 30 aprile 2010, secondo quanto previsto dall’articolo 13 bis del dl 78 del 2009. Nessuna sanatoria, quindi, per le violazioni commesse a partire dal primo gennaio 2009.

Il già citato dl 78/2009 convertito in legge 102/09 individuava come finestra temporale quella tra 15 settembre e 15 dicembre 2009 per procedere alla sanatoria.

Unica eccezione per le pratiche che presentavano cause ostative non dipendenti dalla volontà del contribuente il cui limite massimo poteva arrivare anche al 31 dicembre 2010.

Infine, quanto agli investimenti promossi dalle imprese – 8 miliardi di euro – potrebbero finire “nel mattone” o, per essere precisi, negli immobili di pregio (uno dei settori che ha risentito maggiormente della crisi economica) e quindi investiti in fondi, azioni e bond. La stima è fornita dall’ufficio studi dell’Aipb, l’Associazione italiana del private banking.